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I MASSARI DELL’ISTRUZIONE (pubblicato su Buongiorno Campania il 13.09.2009)

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In età basso medievale i massari erano addetti alla cura delle piccole proprietà dei signori longobardi. Godevano solo di piccole e poco significative libertà, per il resto dovevano dar conto in tutto e per tutto al padrone, che poteva far di loro ciò che voleva. I massari in genere non avevano nessun grado di istruzione, ma erano ben esperti nell’organizzare il lavoro dei campi e nell’accudire gli animali, soprattutto i maiali, che costituivano la risorsa quasi più importante dell’economia della corte. Particolarmente apprezzato era, perciò, il cosiddetto “magister porcarius”, quasi uno specialista, diremmo noi oggi. Nessun signore, però, affidava ai massari la gestione delle questioni più importanti del suo casato. Oggi, invece, ai massari si affida persino la gestione di un settore fondamentale e strategico dello Stato, quale quello dell’istruzione e della formazione, sia a livello centrale che periferico. L’unica sola cosa che non è cambiata è che essi nulla si possono permettere di fare contro la volontà del padrone. E la gerarchia padronale ha una forma piramidale, proprio come in quei tempi lontani. Al vertice siedono Berlusconi e Tremonti. Anche la Gelmini può essere paragonata ad una massara, benché di primo livello. Pochi sono quelli di buona cultura e senso dello stato, e questi con saggezza tacitiana restano in silenzio per sopravvivere al regime.

“Una scuola da far paura”, così titola un lungo saggio di Italo Fioriti, diffuso dalla CISL-Scuola, che consiglio a tutti di procurarsi e leggere. L’autore è un pedagogista cattolico, di ottima levatura scientifica, dotato di forte sensibilità sociale. La sua analisi della storia della scuola pubblica dagli anni sessanta fino ad oggi risulta condotta con grande equità storico-politica, attraversata però sempre da una vena di sofferta delusione, che gli deriva dalla consapevolezza di quello che sta accadendo per via dei massari di oggi e dei loro padroni. Credo sia di estrema utilità, per quello che dirò, riportare un suo breve passaggio: “Ci troviamo di fronte ad una situazione confusa, ma arrivano segnali che, pur nella loro frammentarietà, sembrano riconducibili ad una visione culturale che si pone in forte discontinuità con il processo di riforma finora perseguito. Forse non c’è un disegno nascosto e, dietro questo, un burattinaio che ne governi i fili, ma quelli che ora appaiono come frammenti isolati potrebbero alla fine saldarsi come le tessere di un mosaico e, sorprendentemente, metterci di fronte ad un quadro che oggi nemmeno immaginiamo”.

Sono d’accordo che un disegno organico non c’è. Un disegno organico richiederebbe menti illuminate, comunque responsabili e giuste. Dove sono? L’unico disegno distinguibile è quello di Tremonti, interessato solo a far cassa ai danni della scuola, dirottando secondo i propri interessi altrove le risorse risparmiate. Da un governo che si definisce liberale mi sarei aspettato una riforma razionale del sistema dell’istruzione e della formazione sulla linea della competizione pubblico-privato, quella un tempo adombrata dalla DC con il bonus-scuola. E invece, ci troviamo di fronte a sfasciacarrozze, il cui unico punto di vista è quello di fare comunque qualcosa senza sapere il perché e la meta da raggiungere. La sorte della scuola pubblica pare ormai prossima alla fine, senza che nel frattempo si sia costruito qualcosa di alternativo e valido. Intanto, gli spot della Gelmini invadono ogni territorio mediatico, senza che dietro ci sia un ragionamento credibile, una spiegazione onesta. Ma la scuola, cara on. Gelmini, non è un giocattolo da scassare, come fanno i bambini, è l’anima di ogni civiltà che si rispetti, il simbolo dei valori fondamentali di un paese. Ma non lo capirà, non ha la libertà politica per capirlo: Mettiamo per il momento pure da parte, e a malincuore, lo strazio perpetrato a danno del personale e delle loro famiglie per via dei tagli indiscriminati decisi; mettiamo da parte, e ancora a malincuore, la situazione deficitaria in cui la scuola pubblica e gli enti locali si dimenano per adempiere ad un compito sociale e culturale centrale, delicatissimo; mettiamo, e ancora una volta a malincuore, la folle distruzione di quanto realizzato dagli anni sessanta fino a Berlinguer-De Mauro; mettiamo da parte, sempre a malincuore, molte altre questioni più tecniche e tuttavia anch’esse importanti. E poniamoci alcune elementari domande, come se fossimo non addetti ai lavori. La prima: dopo che questi massari avranno finito di sconquassare tutto, saremo in grado di ricostruire un serio e moderno sistema di istruzione e formazione? Quanti anni ci vorranno? La seconda: intanto che passerà il tempo della follia quante giovani vite saranno state bruciate, quanti danni morali irreparabili avremo fatto a persone di ogni età e di ogni condizione sociale? La terza: quanto peserà sul livello civile e sulla tenuta economica dell’Italia questa crociata contro il buon senso e la storia? La quarta ed ultima: avremo una classe politica all’altezza dell’arduo compito di rimettere a posto i cocci, come avvenne dopo la caduta del fascismo? Il regime fascista ebbe pure la fortuna e, per così dire, la saggezza di affidare il dicastero dell’istruzione ad un intellettuale di grande spessore, quantunque ispirato da idee selettive, Giovanni Gentile. Quello attuale ha scelto diversamente, ed è sotto gli occhi di tutti di che caratura è. Che Dio salvi l’Italia, illuminando i partiti di opposizione a non prendersi anche la grave colpa di non aver impedito il massacro delle menti!

Romualdo Marandino, preside in pensione di Sant’Angelo dei Lombardi (AV)

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