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PRECARI DISOCCUPATI

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 La protesta sta dilagando come un’onda in tutta Italia: provveditorati occupati, monumenti presi d’assalto, sit-in davanti ai governatorati regionali e scioperi della fame. La scuola riapre i battenti da oggi e fa i conti con gli effetti della riforma Gelmini: meno posti in organico, meno contratti di lavoro. In testa la Campania, la Calabria e la Sicilia, che da sole realizzano quasi il 50% dei tagli.

Ma non era mai successo che a sconatere la disoccupazione fossero in così tanti: 25 mila in più rispetto allo scorso anno, denunciano i sindacati, una crescita che raggiunge punte sul territorio di quasi il 20% se si calcolano i contratti di lunga durata stipulati nel 2008/2009. Gli interessati – almeno al metà tra i 40 e i 49 anni, secondo rilevazioni sindacali- se ne stanno rendendo conto in queste ore in cui gli uffici procedono alle chiamate, alle cosiddette nomine sui posti liberi. Dati che però il ministero dell’istruzione conosceva benissimo da tempo, come emerge da una relazione, che IO ha avuto modo di consultare, inviata da viale Trastevere al ministero dell’economia nel mese di luglio. La nota accompagna la proposta di emendamento -all’allora decreto anticrisi- per introdurre nell’ordinamento i cosiddetti contratti di disponibilità: si tratta di contratti speciali per i prof e gli ata, precari storici, mandati a casa dai tagli agli organici. Prevedono una sorta di salario minimo garantito, circa il 70% dello stipendio ordinario, a fronte della disponibilità a fare supplenze anche brevi e corsi ad hoc, decisi magari dalle regioni. Circa 300 milioni di euro il costo complessivo dell’operazione per lo stato. Mariastella Gelmini nel chiedere il via libera al collega di via XX Settembre, Giulio Tremonti, evidenziava come il numero di supplenti a spasso quest’anno sarebbe stato di 18 mila unità. A cui poi vanno sommati almeno 7 mila unità di Ata. A un ministero dell’economia sempre restio ad allentare i cordoni della borsa, la Gelmini precisava: «Si tratta di un picco (di disoccupati, ndr) relativo al solo 2009/2010 perché dall’anno scolastico successivo le condizioni di contesto sono destinate a mutare radicalmente, in quanto a un turn over stimato in circa 28 mila unità corrisponderà una manovra di riduzione di 25 mila posti». Il che consentirebbe di dare un contratto di supplenza o addirittura l’assunzione a tempo indeterminato a molti dei precari che quest’anno resteranno a spasso. Ma finora il Mef ha risposto picche e quelle della Gelmini sono rimaste promesse. L’unico dato di fatto è la sottoscrizione con il ministero del lavoro e l’Inps dell’intesa per la creazione della banca data dei precari, necessario presupposto per dare la precedenza nelle supplenze a chi ha avuto sostituzioni di lunga durata lo scorso anno. «Con le nomine in corso i numeri stanno diventando persone, contro l’emergenza serve una trattativa no-stop», dice Massimo Di Menna, numero uno della Uil scuola. «È necessario che ci sia un provvedimento normativo per dare copertura all’operazione », spiega Mimmo Pantaleo, segretario Flc-Cgil. «Il problema è politico, perché dal punto di vista finanziario la soluzione ha un costo irrisorio», precisa Francesco Scrima, segretario Cisl scuola. La richiesta di bloccare gli effetti della riforma giunge corale da tutto il territorio, anche se è soprattutto il Sud a pagare il prezzo più salato. E non sembrano risolutive le intese che l’Istruzione sta sottoscrivendo con molte regioni per impegnare i prof disoccupati in progetti speciali pagati con i soldi dei fondi europei. «In Sicilia», spiega Vito Cudia, segretario della Cisl scuola di Palermo -una delle città in rivolta, dove si è recato ieri Piero Fassino in segno di solidarietà – «con 20 milioni di fondi europei l’anno si copre il fabbisogno di mille precari contro i 3500 che non avranno il contratto». E c’è sempre la spada di Damocle del rispetto dei vincoli comunitari a pendere sui progetti che le singole scuole devono presentare per attivare i finanziamenti. «Ci sono colleghi che stanno facendo lo sciopero della fame e noi sindacati stiamo occupando il provveditorato», dice Cudia, «ma se la politica non interviene non saremo più in grado di mantenere la calma tra i lavoratori».

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