ROMA – Tutti pazzi per il tempo pieno. Buttando un occhio alla crisi le famiglie italiane che hanno iscritto i figli in prima elementare non hanno avuto dubbi. Soprattutto al Centro-Nord, ma anche in alcune realtà del Sud come Napoli (e questa è una novità), hanno optato per le 30 o le 40 ore settimanali di lezione. Vale a dire che hanno scelto di lasciare i figli a mensa (chi ha trovato posto) almeno per due pomeriggi a settimana, se non addirittura dal lunedì al venerdì. Per i presidi la lettura è chiara: il maestro prevalente della Gelmini, novità di quest’anno, non è piaciuto alle famiglie. Con le 40 ore, infatti, sono garantiti due insegnanti. Con le 30 ce n’è uno che effettivamente prevale (il ministero si sgola per ricordarlo), ma che copre al massimo 22 ore. Le altre sono distribuite tra più insegnanti. Sta di fatto che i genitori non hanno preso la rincorsa per accaparrarsi un posto in una sezione a 24 ore, quella dove fino a 22 sono coperte da un solo insegnante, un maestro pressoché unico.
C’era da aspettarselo. La mensa è un’abitudine e una necessità in molte realtà, soprattutto urbane, e la crisi non ha migliorato la situazione: mamme e papà se hanno un lavoro se lo tengono stretto. «Ma molti genitori credono anche nel modello didattico che vede la presenza di più insegnanti in classe», fanno notare alcuni presidi. I dati del ministero parlano di un 3% di genitori che hanno iscritto i figli per 24 ore, il 7% ha scelto le 27 ore, il 56% le 30 ore, il 34% le 40.
La mappatura del gradimento del maestro prevalente è variegata: in città non decolla, nei piccoli centri piace di più. Nel Lazio, secondo l’Asal, l’Associazione scuole autonome della regione, «solo l’1% delle famiglie ha optato per le 24 ore». Alla scuola Angelo Mauri di Roma solo un iscritto le ha chieste. Nel Lazio, e così in Lombardia, Campania, Piemonte, per citare alcune regioni, ha vinto il modello delle 30 ore, con due rientri pomeridiani. Qui il maestro prevalente c’è, ma copre solo una parte delle ore. «In Piemonte- racconta Nunzia Del Vento, dell’Associazione scuole autonome regionale- ci sono state poche richieste per il cosiddetto maestro unico, forse l’1%, di sicuro non in città: a Torino hanno scelto le 40 ore, ma ora il problema, mancando le compresenze e dopo i tagli, sarà coprire tutto l’arco orario. Il tempo pieno resta, ma la didattica cambierà: in molti casi le ore in più andranno semplicemente coperte, magari usando docenti di altre classi». Insomma la geografia delle 40 e 30 ore potrebbe essere diversa da scuola a scuola. «In Piemonte qualcuno farà pagare ai genitori la sorveglianza sulla mensa», racconta sempre Del Vento. Anche in Lombardia, dicono dalla Faisal (la Federazione delle scuole autonome) «le famiglie hanno bocciato le 24 ore – racconta il presidente Piero Maffeis – capendo che era una proposta per fare cassa».
Il ministero manderà a breve una circolare in cui specificherà che il maestro prevalente non è vincolante: chi ha le risorse può affiancargli anche altri docenti. Magari accadrà al Sud dove quest’anno c’è stata (è insolito) più richiesta di tempo pieno (pure alle medie). Alla scuola Marino di Ponticelli, Napoli, le prime sono tutte a 40 ore. «Le famiglie – dice la preside Adelia Pelosi – chiedono sempre più scuola, soprattutto in realtà periferiche come la nostra dove l’alternativa è il nulla». Al Vomero la musica cambia: all’istituto Maiuri si sono organizzati per far uscire i ragazzi alle 15 e c’è il maestro prevalente che piace. Il problema ora sono i tagli che rischiano di mettere in forse la mensa. «In generale a Napoli – secondo la preside Silvana Casertano, 28° Circolo – le famiglie hanno chiesto, nel 90% dei casi, le 30 ore». Anche in Sicilia «sono aumentate le richieste di mensa – spiega Gioacchino Genuardi, istituto comprensivo Buttitta di Bagheria, presidente dell’Associazione nazionale presidi a Palermo – ma alla primaria è prevalso il modello delle 27 ore perché la mensa viene confermata solo dove esisteva già». ( Giulia Alessandri)