Fannulloni o stacanovisti? Le incompatibilità nella scuola. di Domenico Barboni avvocato in Milano
Secondo gli “incubi” che notte e giorno assillano il Ministro Brunetta, nel pubblico impiego imperversano gli scansafatiche. La quotidiana esperienza nelle aule di giustizia induce però ad altre considerazioni. Le difficoltà generali connesse alle retribuzioni falcidiate della svalutazione di fatto e, soprattutto, dal passaggio dalla lira all’euro costringono schiere sempre più numerose di pubblici dipendenti a tentare di far quadrare i conti alla fine del mese. Lo svolgimento di incarichi o prestazioni esterne al rapporto di lavoro principale fanno sorgere anche problematiche connesse al regime delle attività compatibili. Le relative questioni sono oggetto di cospicuo contenzioso sia in sede disciplinare che nei tribunali del lavoro. Può essere utile fare il punto sugli aspetti giuridici essenziali.
Come è notorio nel pubblico impiego vige il principio generale dell’esclusività del rapporto di lavoro. La norma di riferimento è rappresentata dall’art. 53 del D. Lgs n. 165/2001 (T.U. sul pubblico impiego), che riprende alcune disposizioni precedenti, mentre la disciplina più specifica, relativa al personale docente, è contenuta nell’art. 508 del D. Lgs. n. 297/94. Tali disposizioni confermano, quale regola generale, l’obbligo di esclusività ed il conseguente divieto di svolgere attività extraistituzionale per i dipendenti pubblici, ivi compresi i docenti. Esistono però alcune deroghe a tale principio generale. In primo luogo, il dipendente pubblico, se autorizzato dall’amministrazione presso cui presta servizio, può svolgere incarichi di altro tipo. E’ indispensabile, tuttavia, che ricorrano le seguenti condizioni: l’incarico di tipo diverso deve essere temporaneo ed occasionale, in modo da non interferire con l’impiego prestato; inoltre, non deve sussistere alcun conflitto con gli interessi della pubblica amministrazione e con il principio del buon andamento della stessa; infine, l’impegno derivante da tale incarico deve essere compatibile con l’attività esercitata presso la pubblica amministrazione, in modo non interferire con quest’ultima (ciò significa che l’attività deve essere svolta al di fuori dell’orario di servizio).
Restano fermi in ogni caso taluni divieti: l’esercizio di attività commerciale, industriale o professionale; l’impiego alle dipendenze sia di privati che di enti pubblici e gli incarichi in società costituite a fine di lucro, a meno che la nomina sia riservata allo Stato. Sono invece compatibili alcune attività tra cui, a titolo esemplificativo, ricordiamo: le attività che consistono nell’esercizio di alcuni diritti e libertà di rango costituzionale, come la partecipazione ad associazioni culturali o religiose; l’attività resa a titolo gratuito presso associazioni di volontariato o cooperative a carattere socio – assistenziale senza scopo di lucro; le collaborazioni con giornali e riviste; l’attività di amministratore di condominio limitatamente al proprio condominio; gli incarichi come revisore contabile.
Ai docenti è consentito, previa autorizzazione del dirigente scolastico, esercitare libere professioni (a determinate condizioni) e dare lezioni private a studenti di altri istituti, purché non vi sia pregiudizio allo svolgimento dell’attività di docente e vi sia compatibilità con l’orario di servizio. Ulteriori deroghe sono introdotte dalla disciplina sul lavoro part – time: è infatti escluso il regime delle incompatibilità per i dipendenti pubblici con rapporto di lavoro a tempo parziale con prestazione lavorativa non superiore al 50% di quella a tempo pieno. Pertanto, il dipendente pubblico a regime di orario part – time (al di sotto della predetta soglia di orario del 50%) può svolgere anche attività subordinata o autonoma, a condizione che tale attività venga preventivamente autorizzata e non risulti in conflitto con gli interessi dell’amministrazione.
Fonte: da ScuolaOggi