ScuolaOggi: I Regolamenti di delegificazione sono illegittimi e da cancellare
25-12-2008
Gli schemi dei Regolamenti approvati giovedì 18 dicembre dal Consiglio dei ministri contengono soluzioni che colpiscono duramente la scuola pubblica e che, qualora dovessero entrare effettivamente in funzione, sono destinate a produrre effetti devastanti innanzitutto sulla scuola dell’infanzia e su quella primaria.
Esse attaccano il funzionamento della scuola dell’infanzia introducendo un anticipo generalizzato delle iscrizioni a due anni e mezzo che ne cambiano la natura e di conseguenza anche le modalità di funzionamento a partire dall’orario a tempo pieno.
Tali soluzioni introducono in maniera generalizzata nella scuola primaria l’orario di 24 ore settimanali eliminando l’attuale organizzazione didattica fondata su un orario di 30 ore settimanali affidata ad una pluralità di insegnanti.
E difficile immaginare come il Regolamento sia arrivato perfino ad escludere una fase transitoria tra il vecchio e il nuovo ordinamento. Infatti l’art. 4 (commi 3 e 4) prevede che per ogni classe che quest’anno ha operato con un TEAM l’anno prossimo cambierà l’organizzazione didattica. Cambieranno i docenti! E’ incredibile: mai nella scuola italiana qualcuno aveva osato un tale approccio devastante!
Si tratta di scelte che sono state respinte nelle scuole e nel paese da una vasta mobilitazione popolare.
Non si può infatti dimenticare che allo sciopero del 30 ottobre hanno partecipato 666.623 operatori della scuola pari al 63,28% del loro totale.
Non dovevano dimenticarlo il Governo e quelle organizzazioni sindacali che hanno creduto che il verbale presentato l’11 di dicembre a palazzo Chigi rappresentasse una inversione di marcia, sia pure parziale, rispetto alle indicazioni contenute nello schema di Piano programmatico sottoposto al Parere delle Camere.
Ma oggi, dopo l’approvazione dello schema dei Regolamenti che vengono sottoposti, prima della loro definitiva approvazione, all’esame del Consiglio di Stato, della Conferenza Unificata Stato Regioni e del CNPI, il problema che si pone con drammatica urgenza è non tanto quello della valutazione del loro merito, che peraltro non può essere trascurato, quanto quello della loro legittimità giuridica alla luce della normativa che regola il processo di delegificazione, delle deleghe ottenute dal Parlamento in tale ambito e delle procedure adottate dal governo nel percorso che ha portato alle decisioni del Consiglio dei ministri.
Si tratta di due diversi ordini di questioni che, per quanto di natura squisitamente, tecnica non possono essere ignorate o sottovalutate come sembra avvenire nella maggior parte dei commenti pronunciati in occasione delle decisioni del Consiglio dei ministri.
Proprio la natura tecnica di tali questioni mi costringe ad anticipare, forse senza una adeguata dimostrazione, delle valutazioni conclusive sulla natura e sulla qualità degli atti compiuti dal ministro Gelmini e dal Consiglio dei ministri. Si tratta di atti che a mio parere si pongono totalmente fuori dalla legge.
Innanzitutto la menomazione dell’inderogabile necessità che i Regolamenti di delegificazione debbano operare esclusivamente secondo i criteri e entro gli ambiti indicati nelle leggi che li hanno promossi, nel caso in questione la legge 133/08 , art. 64 e la legge 169/08, art. 4.
Analoga coerenza doveva essere garantita tra quanto era indicato dal Piano di razionalizzazione e quanto viene poi previsto nei Regolamenti.
Entrambe queste inderogabili condizioni risultano ripetutamente e grossolanamente violate con la conseguente precarietà e illegittimità di quanto deliberato dal Consiglio dei ministri.
Vediamo sommariamente, alcune di queste illegittimità.
Non c’é innanzitutto alcun dubbio che il Piano e il Regolamento sul Primo ciclo trattino illegittimamente della scuola per l’infanzia in quanto nelle leggi deleganti non vi è nessuna traccia di tale materia ne vi è traccia della materia dell’anticipo delle iscrizioni attualmente regolata per legge.
Inoltre non c’è alcun dubbio che le leggi deleganti non abbiano previsto la sostituzione generalizzata del TEAM, dei tre insegnanti ogni due classi, con il modulo del cosiddetto maestro unico caratterizzato da un orario settimanale di lezioni di 24 ore.
Di tale clamorosa innovazione non trattano le leggi citate. Non ne tratta infatti l’articolo 64 della legge 133 che al comma 4 indica come criterio per ottenere i risparmi di cui ai commi 1 e 2 quello di cui alla lettera d) riguardante una non meglio definita rimodulazione dell’attuale organizzazione didattica della scuola primaria. Stante la genericità del criterio suddetto, sempre nell’ambito degli obiettivi di razionalizzazione di cui all’articolo 64, la legge 169 all’art.4, comma1, prevede che “le istituzioni scolastiche della scuola primaria costituiscono classi affidate ad un unico insegnante e funzionanti con orario di ventiquattro ore settimanali”. E stabilisce che “nei regolamenti si tiene comunque conto delle esigenze, correlate alla domanda delle famiglie, di una più ampia articolazione del tempo-scuola”.
Un legislatore non golpista come i nostri attuali avrebbe potuto esplicitare a questo punto il carattere sostitutivo di tutta l’attuale organizzazione didattica. Così formulato invece il nuovo modulo a 24 ore si presenta come uno strumento aggiuntivo all’attuale organizzazione didattica che la integra al fine di realizzare le previste economie .
Ed infatti accogliendo tale interpretazione non ne parla il Piano di razionalizzazione presentato in Parlamento che nella sua relazione tecnica prevedeva la permanenza di 102.694 classi funzionanti nei moduli con 27 o 30 ore settimanali di lezione.
Lo stesso ministro Gelmini, nonostante le numerose esternazioni pronunciate da alcuni mesi, ne ha parlato solo in prossimità delle decisioni del Consiglio dei ministri. Quindi anche l’abrogazione del TEAM come modello didattico e soprattutto come criterio per la determinazione degli organici è totalmente illegittima.
Ma non solo il Piano risulta illegittimo rispetto alle norme di legge deleganti. Lo stesso Regolamento appare chiaramente formulato in materia in violazione del Piano. Infatti il Piano non solo non prospetta esplicitamente, come avrebbe potuto, il superamento totale del TEAM, ma soprattutto non lo prevede là dove indica la procedura per realizzare il taglio dei 14 mila posti in due anni. Se la scelta del Piano fosse stata quella di introdurre il maestro unico al posto del Team in tutte le prime classi non sarebbe stato necessario, per raggiungere tale obiettivo, ricorrere a quella complessa formula che prevede la riduzione da 30 a 27 ore settimanali nel funzionamento delle 102.694 classi attualmente funzionanti con il TEAM. Sarebbe stato sufficiente indicare la sostituzione dei TEAM funzionanti per le prime classi e gli sviluppi previsti per gli anni successivi. Perché di ciò non c’è traccia nel Piano? La maggioranza di governo nelle Commissioni parlamentari ha notato l’ambiguità e ha posto fra le condizioni per il parere favorevole quella che“sia previsto che l’attivazione di classi affidate ad unico docente, funzionanti per un orario di 24 ore settimanali, sia effettuata sulla base di specifiche richieste delle famiglie “ Non sappiamo cosa abbia risposto al Governo a tale richiesta che con tutta evidenza non considera il maestro unico come il nuovo e generalizzato modello costitutivo dell’ordinamento della scuola primaria. In quanto non avrebbe senso in tal caso la previsione della sua facoltatività condizionata alla scelta delle famiglie. Una scelta è possibile solo tra modelli diversi dotati della stessa legittimità ordinamentale.
Su questi dati di fatto richiamiamo l’attenzione non solo delle organizzazioni sindacali che hanno sollecitato il verbale di Palazzo Chigi ma soprattutto del Consiglio di Stato e degli altri organismi a cui per obbligo di legge viene richiesta una pronuncia.
Anche le procedure adottate dal Governo per giungere alla delibera di giovedì scorso meritano un’adeguata analisi perché appaiono caratterizzate da anomalie tali da porne in discussione la correttezza e la legittimità.
L’articolo 64, comma 4, della legge 133/08 prevede che i regolamenti siano “adottati
in modo da assicurare comunque la puntuale attuazione del piano di cui al comma 3”.
Del Piano di razionalizzazione previsto dall’art. 64, comma 3, dopo la pronuncia dei pareri da parte della Conferenza Unificata e delle competenti Commissioni parlamentari si è persa ogni traccia e allo stato degli atti né al Parlamento né alla Conferenza unificata e probabilmente neppure al Consiglio dei ministri è stato ufficialmente comunicato se il Piano sia stato modificato, e in quale maniera, conseguentemente ai pareri espressi.
Si trattava, è vero, di pareri non vincolanti ma come nel caso di quelli espressi dalla stessa maggioranza nelle Commissioni di Camera e Senato, vincolati nel loro esito favorevole all’accoglimento di determinate condizioni. Non è tollerabile per la dignità del Parlamento che i Presidenti della Camera e del Senato e quelli delle rispettive Settime Commissioni possano essere stati così gratuitamente oltraggiati.
Il Governo non doveva consentire decisioni del Consiglio dei ministri che, nelle premesse riportate in ogni Regolamento, assicurano di tenere conto di un Piano di Razionalizzazione sottoposto alle Camere ma di cui le Camere nulla sanno circa l’accoglimento delle loro condizioni. Il non obbligo ad accogliere tali condizioni non doveva esimere il Governo dall’obbligo di far conoscere alle Camere e al Consiglio dei ministri le conclusioni a cui i ministri incaricati, Gelmini e Tremonti, erano pervenuti circa la definizione del piano di cui al comma 3 dell’articolo 64 della legge 133/2008.
In sostanza che il Piano fosse stato modificato oppure no non doveva risultare, come è stato, un dato di cui trascurare la rilevanza politica e giuridica.
Il fatto che al Consiglio dei ministri, non sia stato presentato un Piano modificato rispetto allo schema presentato il 24 settembre 2008 alle Camere risulta dai contenuti degli stessi Regolamenti. Ne consegue che nella premessa al Regolamento quando si recita Visto il Piano… si commette un falso!
Infatti mentre l’articolo 2, comma 5 del Regolamento riguardante l’ordinamento della scuola per l’infanzia e del primo ciclo rinvia allo schema di Regolamento del 4 settembre(?)la data di entrata in vigore della nuova organizzazione della scuola secondaria superiore e quindi dei relativi tagli all’organico già previsti e conteggiati nella stesura iniziale del Piano a partire dall’anno scolastico 2009-10,(3.300 posti in meno) risultano invece modificati e rinviati di un anno.
Si deve avere presente che è la stessa legge 133/08 all’articolo 64, comma 3, che obbliga il Consiglio dei ministri, nella definizione dei Regolamenti ad “assicurare comunque la puntuale attuazione del piano”.
In nome della puntuale attuazione possiamo prendere atto di altre circostanze oltre a quella indicata che segnalano come i Regolamenti siano stati definiti sulla base di indicazioni e di previsioni di spesa che non erano quelle indicate nello schema di Piano inizialmente sottoposto alle Camere. Eccole in ordine di evidenza:
• Nella scuola secondaria di primo grado l’orario settimanale delle lezioni nel Regolamento è di 30 ore e non è più quello di 29 ore settimanali a partire dal quale a pag.19 della relazione tecnica del Piano si quantificavano i 13.300 posti da tagliare.
• Così, sempre nella scuola secondaria di primo grado, non si prevede più, per l’istituzione del tempo prolungato, l’obbligo di almeno 3 giornate settimanali di funzionamento pomeridiano.
• Inoltre sempre per il tempo prolungato l’orario settimanale massimo passa da 36 ore a 40 con le relative modifiche ai tagli da apportare a pag 20 del Piano medesimo.
• Nel Regolamento non vi è più traccia dell’obbligo per il maestro unico di un orario di 24 ore settimanali di lezione da retribuire tramite contrattazione sindacale utilizzando parte delle risorse dei tagli e, in una fase transitoria, i fondi di Istituto.
Il Piano Programmatico in ogni caso è un importante documento di carattere amministrativo che se non rispetta i principi indicati nelle leggi deleganti o li esorbita può essere annullato con un ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio. Mi sembra questa la principale iniziativa che tutti i soggetti interessati e direttamente coinvolti possono assumere anche in forma collettiva attraverso le loro rappresentanze associative fin dai prossimi giorni.
Nell’immediato, e a tal fine, è anche urgente entrare nel merito di alcuni aspetti principali del nuovo ordinamento che si vuole imporre alla scuola dell’ infanzia e alla scuola primaria.
Per quanto riguarda la prima non è vero che così come richiedeva anche il parere di maggioranza alla Camera “l’orario obbligatorio delle attività didattiche della scuola dell’infanzia potrà garantire prioritariamente il tempo di 40 ore con l’assegnazione di due insegnanti per sezione e prevedere soltanto come modello organizzativo residuale lo svolgimento delle attività didattiche nella fascia antimeridiana con l’assegnazione di un unico docente per sezione, sulla base della esplicita richiesta delle famiglie.
Ciò potrà non avvenire perché, con la generalizzazione della facoltà delle iscrizioni anticipate dei bambini di due anni e mezzo di età, a parte le difficoltà che emergerebbero sul piano organizzativo e didattico, si ridurrebbero inevitabilmente gli organici a disposizione del modulo con il doppio insegnante. Tali organici verrebbero sottoposti alla pressione delle famiglie che potrebbero rivendicare, con l’assenza di un adeguato programma di classi primavera la creazioni di siffatte sezioni. .
Per quanto riguarda la scuola primaria non è vero che le famiglie, fatto salvo il tempo pieno, avranno permanentemente a disposizione la scelta per una varietà di orari da 24 ,27 o 30 ore settimanali. Si tratta della più colossale falsificazione fra quelle propinate da questi venditori di tappeti bucati al Governo. Infatti se l’unico criterio per determinare l’organico è quello che individua un insegnante per ogni classe già dal prossimo mese di settembre avremo 50 mila docenti della scuola primaria in soprannumero.
I posti da eliminare potrebbero essere ancora quei 14 mila indicati, per il primo biennio, nel piano iniziale, ma di questo dato fondamentale non si ha certezza essendo ignota la stesura effettiva del Piano se mai sia stata formulata.
Le 27 o le 30 ore settimanali sono garantite solo sulla carta perché per la loro realizzazione il Regolamento non prevede una definizione del relativo organico.
Tali orari sarebbero costituiti dalle 24 del maestro unico con l’aggiunta di un doposcuola acconciato con i docenti in soprannumero fino alla loro sparizione dovuta al loro assorbimento con il turn over.
Ecco smascherato il vergognoso gioco delle tre carte della Gelmini!
Se una formazione governativa, che dispone di una larga maggioranza parlamentare, non è in grado di realizzare il suo programma nel rispetto della Costituzione e delle regole parlamentari ed istituzionali essa legittima, oltre alle sviluppo delle forme di lotta già in atto, anche il ricorso a forme molto determinate di contestazione sul piano legale e giurisdizionale.
I ricorsi di carattere Costituzionale potranno ad esempio riguardare le carenze nella definizione del percorso di delegificazione o il rispetto dell’autonomia scolastica o delle prerogative legislative regionali.
Quelli di carattere amministrativo la formulazione del Piano rispetto alle leggi delegificanti e la stesura dei Regolamenti rispetto alle medesime leggi e al Piano.
Se poi qualcuno confermerà la volontà già espressa di attivare una campagna referendaria credo che quella contro il maestro unico si potrà fare anche scontando l’’eventuale impossibilità di incidere sui tagli della spesa.
I tagli previsti sono al limite poca cosa di fronte ai danni prospettati nei Regolamenti.
I ricorsi e le contestazioni legali in presenza degli effetti devastanti della Controriforma possono costituire un terreno favorevole allo sviluppo di quella campagna referendaria.