Il ministero per la Pubblica amministrazione stima una forte riduzione delle assenze per malattia dei dipendenti pubblici nel 2008. Sarebbe merito della nuova normativa. Se tuttavia si analizzano i dati raccolti ogni mese dal ministero e li si incrociano con quelli della Ragioneria generale si scoprono almeno due questioni che rendono prematuro l’entusiasmo. Primo, non e’ la prima volta che le assenze per malattia si riducono. Secondo, nonostante l’intervento dell’Istat, il campione utilizzato potrebbe ancora sovrastimare considerevolmente la riduzione.
La riduzione delle assenze dal lavoro nella pubblica amministrazione è una delle priorità del ministro per la Pubblica amministrazione e l’innovazione, Renato Brunetta. Secondo fonti Istat citate dal ministero, nel privato le assenze sono di un terzo inferiori: una differenza notevole.
CONTROLLI E INCENTIVI
La nuova disciplina in materia è in vigore da fine giugno e ha aumentato il costo atteso di una giornata di assenza per malattia, vera o presunta, per i dipendenti pubblici attraverso due canali. (1)
Primo, i controlli. Le amministrazioni devono disporre il controllo a domicilio dal primo giorno di malattia, si è allargata la fascia oraria in cui questo è possibile e oltre il decimo giorno di malattia la certificazione medica deve essere prodotta da strutture pubbliche.
Secondo, gli incentivi monetari. Dal primo giorno di assenza lo stipendio giornaliero è decurtato di tutti gli extra rispetto al trattamento economico fondamentale.
Il canale dei controlli risulterà probabilmente inefficace. Primo, perché si tratta di una disposizione che già esiste in buona parte della Pa. Secondo, perché il personale per i controlli è limitato. Terzo, perché non c’è ragione di aspettarsi che, nei casi di malafede, ottenere un certificato falso da una struttura pubblica sia più difficile che ottenerlo da una struttura privata.
Più effetto avrà molto probabilmente la decurtazione dello stipendio, per ragioni facilmente intuibili. Il costo di un giorno di malattia per un dipendente pubblico è difficile da quantificare e varia da comparto a comparto. Quello che si sa è che può essere non trascurabile.
Per monitorare gli effetti di queste norme, il ministero conduce ogni mese un’indagine a campione raccogliendo dati sulle assenze nel mese precedente rispetto allo stesso mese del 2007. Le ultime indagini coprono quasi la metà del pubblico impiego e sono rappresentative di tutta la Pa, esclusi i comparti scuola, università, sicurezza e difesa. I risultati, che sono disponibili sul sito del ministero, indicano una riduzione di circa il 40 per cento da luglio a ottobre. Se il dato fosse confermato in novembre e dicembre, le stime del ministero mostrerebbero una riduzione delle assenze di poco inferiore al 20 per cento nel 2008 rispetto al 2007.
La figura 1, tratta da una mia analisi più approfondita disponibile, riporta la serie delle assenze medie mensili per malattia e altre assenze non retribuite negli stessi comparti cui si riferisce la stima del ministero. Quest’ultima è riportata nella figura come previsione per il 2008. La serie 1999-2007 è invece costruita dai dati del Conto annuale della Ragioneria. La figura mostra chiaramente che le assenze sono in calo già a partire dal 2004. La tendenza è stata finora ignorata, ma sarebbe importante che il ministero ne comprendesse le cause: se c’è qualcosa che ha ridotto le assenze di quasi il 17 per cento dal 2003 al 2006 senza sollevare un polverone, vale la pena capire di cosa si tratti. D’altronde, se la stima del ministero fosse corretta, saremmo in presenza di una riduzione su base annua senza precedenti negli ultimi dieci anni.
IL PROBLEMA DEL CAMPIONE
Il condizionale è d’obbligo perché c’è un serio problema, noto come “selection-bias”, nel campione utilizzato dal ministero. Sebbene il campione sia molto numeroso, inviano i dati solo le amministrazioni che vogliono farlo. L’Istat corregge i dati mediante una procedura di “stratificazione”, rendendo il campione rappresentativo in base alla tipologia istituzionale e al numero di dipendenti. Ma non può rendere il campione rappresentativo rispetto alla riduzione delle assenze.
Supponiamo, per esempio, che il ministero abbia raccolto dati sul 50 per cento del personale pubblico e che si osservi una riduzione del 40 per cento delle assenze in un certo semestre. Supponiamo anche che il restante 50 per cento appartenga ad amministrazioni dove le assenze sono rimaste mediamente invariate, che dunque non hanno interesse a inviare dati mensili per un’indagine che è su base volontaria. Alla fine, però, la riduzione effettiva nel semestre è 20 per cento, non 40 per cento.
Non mi stupirei quindi se la riduzione su base annuale fosse non tanto del 20 per cento stimato dal ministero, ma di circa il 10 per cento, un risultato comunque importante anche se identico a quello osservato nel 2005. Quando la Ragioneria generale pubblicherà il Conto annuale 2008 con il dato sull’universo della Pa, potremo capire se le indagini del ministero soffrivano oppure no del problema di selection-bias.
Resta aperto il dubbio sui benefici della riforma relativamente ai suoi costi economici e politici. In ultima analisi, quello che interessa ai contribuenti non è la presenza del dipendente pubblico sul posto di lavoro, ma la sua produttività in termini di servizi. E naturalmente non basta essere presenti per essere più produttivi. La vera sfida è iniziare a misurare e rendere pubblica la produttività dei vari comparti della Pa. Un primo fondamentale passo sarebbe la raccolta e pubblicazione sistematica di dati dettagliati dai quali poter costruire misure di prodotto. Il ministro Brunetta è certamente sensibile al tema. Da parte nostra, ci ripromettiamo di tornare sulla questione delle assenze e della produttività quando più dati saranno disponibili.
(1) Articolo 71 legge 133/08 di conversione del decreto legge n. 112 del 25 giugno 2008