Sì a un confronto con governo e imprese su tutte le forme di tutela dei lavoratori. Lo afferma il segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani, parlando al direttivo dell’organizzazione a proposito del dibattito sulla settimana corta e sull’utilizzo di contratti di solidarietà. Ben vengano quindi secondo Epifani strumenti di solidarietà a patto che «siano inseriti in un quadro di tutele che evitino il distacco dei lavoratori dai posti di lavoro, non escludano i lavoratori precari e non costituiscano una furbizia per evitare al soggetto pubblico di investire tutte le risorse necessarie».
«Ben venga l’avvio di un confronto con governo e imprese su tutte le forme di tutela, ed è bene che si sia passati da un’impostazione priva di senso che prevedeva la detassazione degli straordinari a questa nuova ottica», dice il leader della Cgil. «Servono politiche di sostegno contro la crisi industriale, servono anche strumenti parzialmente nuovi e soprattutto risorse più rilevanti», conclude.
Settimana super-corta, con meno giorni lavorati e salari ridotti. La scoperta del governo di destra è dell’ultima ora, anche se è una ricetta tedesca e una proposta rilanciata in Italia dal segretario della Cisl, Bonanni. Ora il ministro del Welfare Maurizio Sacconi fa saper che il governo di destra ci sta pensando «per salvare i posti di lavoro dalla crisi economica». Il piano è di «spalmare un minor carico di lavoro su più persone. Questa – proclama Sacconi in un’intervista a un quotidiano nazionale – è la funzione della cassa integrazione a rotazione. Si può andare in cassa per una parte della settimana e lavorare per la restante». La cassa integrazione a rotazione che consente di «spalmare un minor carico di lavoro su più persone», a differenza si quella «a zero ore» e di quella «ordinaria». Ma il ministro pensa anche ai «contratti di solidarietà», che significano sì meno retribuzione, ma «non dimentichiamo che ci sarà l’integrazione del sostegno al reddito. Alla fine la perdita sarà minima».
Bisogna però «evitare il self service della cassa integrazione», che renderebbe «irresponsabili» le imprese, che invece devono «fare tutto il possibile per non perdere il loro asset fondamentale, cioè il capitale umano» e non dare l’idea che «le prime difficoltà si traducano in una espulsione di manodopera». Per questo si sta pensando a «una unità di crisi del ministero del Lavoro collegata a quello dello Sviluppo economico» che vigili sulla cassa integrazione e che arrivi a un «accordo di straordinaria e leale collaborazione con le Regioni, e poi con le parti sociali, per proteggere le persone e ancorarle alla dimensione produttiva».
Per il segretario di Rifondazione Comunista, Paolo Ferrero, una settimana corta sul modello adottato da Angela Merkel in Germania è «un’ottima idea, perché mantiene il posto di lavoro, riduce a tutti l’orario ed evita l’emarginazione e il licenziamento». In un’intervista al Corriere della Sera però, il leader di Rifondazione spiega però che «il nostro sistema produttivo è fatto di piccolissime imprese» che saranno quelle «più colpite. Bisognerebbe estendere il provvedimento anche a loro, anche alle partite Iva, anche ai garzoni». Per reperire i fondi, Ferrero suggerisce di «rimettere la tassa di successione e introdurre una patrimoniale sopra i 500mila euro». E poi di «aumentare le aliquote fiscali al di sopra dei 100mila euro e le imposte sulle rendite finanziarie al 20% sopra i 200-300mila euro».