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LEGGI 133 E 169, UNICOBAS: IL GOVERNO CI HA FREGATO (insieme ai sindacati)

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D’Errico contro tutti: l’accordo di palazzo Chigi da rigettare
di A.G.
Il segretario Unicobas sostiene che i regolamenti attuativi delle leggi 133 e 169, anche se modificati non cambiano gli effetti di una politica devastante per il mondo dell’istruzione: il tempo pieno rimane a rischio, permangono le ‘discrasie’ e i tagli, mentre alle superiori si rinvia di un anno una scuola costruita ad immagine e somiglianza di quella statunitense. Perché i sindacati presenti lo hanno avallato?

All’indomani delle ‘aperture’ presentate giovedì dal Governo ai sindacati, che hanno sostanzialmente apprezzato la volontà di adottare dei programmi attuativi meno incisivi rispetto alle leggi 133 e 169 di riferimento, il segretario nazionale Unicobas Stefano d’Errico emette un duro comunicato prendendosela innanzitutto proprio con le organizzazioni sindacali firmatarie del contratto nazionale: “se Cgil, Cisl, Uil, Snals e Gilda sono ‘soddisfatti – con qualche mugugno del sindacato di Epifani, che comunque ha firmato paradossalmente il giorno prima suo davvero ‘utile’ sciopero generale – noi non lo siamo affatto”, tuona d’Errico.
Il sindacalista sostiene che i regolamenti attuativi delle leggi 133 e 169, la cui presentazione è già stata fissata per mercoledì al Consiglio dei Ministri, anche se modificati non cambiano gli effetti di una politica devastante per il mondo dell’istruzione: tra tre anni, quando entreranno ‘a regime’, il sistema scolastico italiano ne uscirà stravolto.Ad iniziare dalla scuola primaria. Per la quale “spariscono contemporaneità e programmazione” e si prevede “un aumento non retribuito dei carichi di lavoro”. Secondo d’Errico non verrà affatto garantito il tempo pieno nella scuola primaria: il ritorno alle 40 ore con due insegnanti necessita di richieste dei genitori “esplicite e categoriche e che il numero degli alunni iscritti sia congruo alle normative vigenti per la formazione delle classi: si tenga presente che gli uffici organico degli ex provveditorati verranno sollecitati dal ministero a contenere il più possibile l’istituzione delle classi a tempo pieno”.Senza dimenticare che “a regime, i moduli prevedono solo il maestro unico. Anche il tempo pieno, se non confermato, potrà venire ridotto con tali scansioni orarie. Un’organizzazione di tal tipo è paradossale. Basta pensare alle discrasie che produce”.
Il danno per gli anni, sostiene il sindacalista, sarebbe evidente: “ad esempio, in una classe il ‘maestro unico’ può essere idoneo all’insegnamento della lingua straniera, o anche alla religione cattolica, ed in altra no. Succede così che il ‘maestro prevalente’ che terrà lezioni di lingua straniera potrà effettuare meno ore in altre materie, ore che non verranno compensate da nessun altro, essendo di sua esclusiva competenza. Avremo così classi a 24 ore con lingua straniera e religione ed altre a 27: quelle con 24 avranno meno ore per gli altri insegnamenti”.A proposito della scuola superiore, rinviata al 2009/2010 “il governo non recede di un millimetro rispetto ai tagli previsti – 87.500 cattedre e 40.000 posti Ata – , né rispetto agli strumenti immaginati. Del resto – sempre secondo d’Errico – tale rinvio era scontato. Meno scontata è, per un paese civile, la riduzione a quattro anni di alcuni indirizzi liceali, la sparizione del greco dal liceo classico o del latino dallo scientifico: provvedimenti per i quali si staranno agitando nella tomba persino Gentile e Bottai, fautori della riforma scolastica fascista”.
D’Errico è preoccupato anche per “la riduzione a non più di 32 ore del tempo scuola per istituti Tecnici e Professionali ed il taglio generalizzato delle ore per materia, che colpirà soprattutto conoscenze e competenze che sviluppano il sapere critico come le lettere, le scienze, la matematica, la geografia e la storia. Ma anche l’impronta monoprofessionalistica, comportamentista e meccanicista che ne seguirà prefigurano – nonostante ‘l’accordo’ – una scuola costruita ad immagine e somiglianza di quella statunitense, senza residui possibili confronti con la tradizione europea”.
Il giudizio negativo viene esposto anche per il “taglio drastico degli insegnanti di sostegno, il cui rapporto medio con i diversamente abili scende da uno a quattro ad uno a due” e per l’aumento “di un punto percentuale del rapporto medio alunni-classe in ogni ordine e grado, solo congelato per un anno e solo a causa dell’impatto mediatico che le recenti disgrazie in ordine alla questione sicurezza hanno scaricato sul governo. In compenso non si stanzia un euro per mettere a norma quel 90% di scuole non in regola con dettami a suo tempo disposti con la legge 626, rivista e sempre in regime di prorogatio in Italia, unico Paese della Ue a non aver mandato a regime le norme relative”.
Il segretario Unicobas sottolinea, infine, che rimarrà in piedi il dimensionamento, come le cosiddette classi ‘ponte’ (“restano, con tutto il loro bagaglio di separatezza, discriminazione e razzismo”) e che assisteremo ad un aumento generalizzato “dei carichi di lavoro non retribuito ed una dequalificazione evidente della funzione docente”. Insomma, per d’Errico le novità comunicate dal Governo, tramite i Ministri interessati – Tremonti, Gelmini e Brunetta – e il sottosegretario Gianni Letta, sarebbero solo di facciata e studiate ‘per calmare la piazza’: nei prossimi giorni, già mercoledì con la presentazione analitica del piano attuativo, soprattutto della secondaria, capiremo se le cose stanno così e se i sindacati con più iscritti sono stati ingenui a cantare vittoria troppo presto.

14/12/2008

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