Così ha sentenziato Mariastella Gelmini in una intervista a La Stampa (“Quante bugie! Nessun dietrofront sul maestro unico”, 12.12.2008). “Voglio essere chiara subito: il maestro unico resta. Chiaro? Anzi: resta “solo” il maestro unico. Il modulo dei tre docenti su due classi è morto e sepolto per sempre”.
Ora, è evidente il tentativo da parte del fronte governativo di nascondere lo stato di difficoltà in cui si è venuto a trovare dopo le ingenti manifestazioni di dissenso e di protesta di genitori, insegnanti e studenti. Alcuni parziali passi indietro sono stati fatti. Congelata la situazione sulle superiori. Ammessa, almeno a parole, l’assegnazione di due insegnanti per ogni classe di tempo pieno. Confermato il tempo di 40 ore nella scuola dell’infanzia. E via dicendo. Ma a queste parziali e non ancora ben definite aperture il ministro Gelmini ha voluto far seguire alcune precisazioni, ribadendo alcuni punti fermi.
Innanzi tutto si riafferma la fine del modulo nella scuola primaria. “Il “modulo” come è stato concepito fino ad oggi non c’è più” ha ribadito il ministro.
Questo conferma da un lato il fatto che – sul piano politico-ideologico – l’obiettivo di fondo è “tornare a prima del ‘68” (Tremonti), “smantellando gli ultimi quarant’anni” (Gelmini). In questo senso si colpisce al cuore l’idea forte della riforma del 1990, il “gruppo docente”, il team, il principio del lavoro cooperativo in équipe. Dall’altro si conferma – sul piano economico – che il grosso del risparmio, nella scuola primaria, dovrà derivare dall’abolizione dei moduli (il 75% delle classi sul piano nazionale) e dalla loro sostituzione con l’insegnante unico, con conseguente riduzione di organico.
Una cosa comunque è certa: la fine dell’organizzazione modulare nella scuola elementare. Su questo la Gelmini ha ragione.
In questo senso, come si evince dalle dichiarazioni del ministro, non cambierà tanto il tempo scuola, la “quantità” oraria. L’orario di 27 e 30 ore di lezione (attuale orario dei moduli) rimarrà a disposizione dei genitori. La differenza è che quel tempo scuola non sarà più gestito da più insegnanti contitolari (due docenti ogni tre classi) ma da un solo insegnante, il maestro “prevalente”, con l’aggiunta di alcune ore di straordinario. Le famiglie, come ai tempi della Moratti, avranno a disposizione diversi modelli orari (24, 27, 30 e “fino a 40 ore”). Quello che cambia radicalmente è la sostanza, il modello organizzativo e didattico.
Ma l’intervista alla Stampa è rivelatrice anche dell’idea di tempo pieno che ha la Gelmini. Quando le si fa notare che, stando alle affermazioni, i maestri nel caso del tempo pieno sono due, la Gelmini risponde significativamente “Già, ma sono due nel senso che uno fa un certo numero di ore e quando ha finito arriva l’altro. Non c’è compresenza, non c’è modulo. Prima lavora uno poi lavora l’altro”.E ancora, alla domanda “Ma se in una classe si alternano due docenti, il maestro unico salta?” risponde “Uno sarà il maestro prevalente. Il “modulo” come è stato concepito fino ad oggi non c’è più”. Chiarissimo. Uno sarà l’insegnante di classe, di serie A, l’altro l’insegnante aggiuntivo, di serie B. Di qui al doposcuola di vecchia memoria il passo è breve.
Un tempo pieno dunque, quello prefigurato dalla Gelmini, senz’anima, deprivato delle compresenze e senza la pari titolarità dei due docenti di classe. Il Presidente del Consiglio, nella sua spensierata ignoranza in materia di scuola, parla già esplicitamente di “doposcuola che verrà garantito alle famiglie”.
Ma su questo fronte, ribadiamo, la partita resta aperta. Il decreto legislativo sull’autonomia, Dpr 275/1999, stabilisce che le modalità di impiego dei docenti (quindi l’attribuzione degli ambiti disciplinari, la suddivisione degli insegnamenti, l’organizzazione didattica) sono di competenza delle istituzioni scolastiche. La legge n.176 del 25 ottobre 2007 (quella che ripristina l’art.130 del testo unico n.297/2004) non è ancora stata espressamente abrogata. La vicenda del tempo pieno, il rebus “40 ore o Tempo pieno” si chiarirà soltanto, da tempo lo diciamo, allorchè verranno assegnati alle scuole gli organici.
La situazione resta pertanto indefinita e confusa. Determinante, ancora una volta, sarà Tremonti e quanto il superministro dell’economia sarà disposto a concedere in termini di possibile (o meno) riduzione dei tagli previsti.
Non tutti i giochi insomma sono fatti. Per questo è importante non abbassare la guardia, continuare a contrastare queste scelte rovinose e mantenere la mobilitazione in difesa della scuola pubblica.
Dedalus