Cucù, il maestro unico non c’è più: i retroscena della trattativa di Palazzo Chigi
I segretari della Gilda e dell’Uil scuola ci spiegano cos’è successo a Palazzo Chigi.
Michela Rossetti da Il Salvagente del 13.12. 2008
Checchè ne dica il ministro dell’Istruzione sulle bugie dei sindacati, considerando che “non c’è stata nessuna marcia indietro sulla scuola”, e checché ne dica il suo addetto stampa che se l’è presa addirittura con il direttore del Giornale di famiglia, i fatti mostrano quantomeno un parziale ripensamento.
E la dura reazione della Gelmini stupisce Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli insegnanti, che commenta mantenendo un certo senso dell’ironia: “Se si chiama ministro dell’Istruzione, dovrebbe essere contenta, almeno per il momento, che tutto il mondo della scuola abbia reagito positivamente ai cambiamenti in atto”.
Ma andiamo con ordine. Le novità principali, siglate a palazzo Chigi tra governo e sindacati, prevedono lo slittamento della riforma per le scuole superiori, spostata di un anno e quindi prevista a partire dall’anno scolastico 2009/2010; lo stop all’aumento delle classi a 33 alunni; e soprattutto il cambiamento sul fronte del tanto contestato maestro unico. Non più imposto, ma “a richiesta” in base alla volontà delle famiglie.
Gilda: nessuna delle due parti ha vinto o perso tutto
“Una significativa correzione di rotta”, commentava ieri a caldo il coordinatore della Gilda degli insegnanti. Ma sui giornali si continua a leggere che, secondo la Gelmini, “Non si è cambiata idea sul maestro unico, e i tre maestri per la stessa classe non esisteranno più”.
Come leggere la dichiarazione? “Ognuno tira acqua al suo mulino – risponde Di Meglio – perché è evidente che, grazie alla decisione di ridare centralità alle famiglie, e alle autonomie scolastiche, ogni scuola deciderà quello che ritiene opportuno”.
Come si procederà nella decisione?
“Al momento dell’iscrizione le famiglie daranno la loro preferenza, in base naturalmente alle disponibilità organiche degli istituti”.
Sui tagli, però, nessuna marcia indietro. E se i soldi non ci sono come continuare a svolgere il tempo pieno, o mantenere i circa 87.000 insegnanti che secondo voi avrebbero perso il posto nei prossimi tre anni con la Finanziaria?
“E’ evidente che il taglio organico rimarrà, ma con il maestro unico “a scelta” si manterranno più posti di lavoro. Non va dimenticato, poi, che si è deciso un tavolo per i precari, completamente dimenticati prima di ieri, e non ci sarà la riduzione annunciata per gli insegnanti di sostegno, che saranno in un rapporto di uno ogni due alunni”.
Contenti, quindi?
“E’ chiaro che nessuna delle due parti ha vinto o perso tutto, ma abbiamo ottenuto che le premesse per la scuola siano quelle di funzionare bene”.
Uil scuola: fatto positivo e clima rasserenato
Soddisfatto anche Massimo Di Menna, segretario generale Uil scuola. Gli chiediamo: “Grande successo?”, risponde che “è più corretto parlare di fatto positivo”, perché “bisogna ancora aspettare che l’accordo si traduca concretamente in provvedimenti precisi la prossima settimana”.
Di “grande successo” non si parla anche per via del punto fermo dei tagli?
“No, perché per noi la questione non è centrale. Il vero problema non sono i tagli, ma il fatto di ridurre il sistema qualitativo scolastico per problemi di spesa”.
Il maestro unico facoltativo risolve questo problema? “Era fondamentale che la novità non fosse imposta e obbligatoria. L’elasticità decisa è la soluzione che noi della Uil avevamo chiesto fin dall’inizio, perché è fondamentale la garanzia delle 27 e 30 ore settimanali”.
Nessun problema con la frase del ministro che insiste sul fatto che i tre maestri per classe non esisteranno più?
“E’ un dibattito ideologico, perché i due o tre insegnanti non si possono decidere con una norma giuridica, è una decisione che spetta alle autonomie scolastiche”.
Vicenda a lieto fine, quindi. “Sicuramente il clima è stato fortemente rasserenato”.
Pressione sindacale e calo dei sondaggi
Visto che il ministro non vuole che si parli di cambiamento di rotta, chiediamo allora ai due sindacalisti i motivi di questa “spontanea riflessione” del governo. E tanto Di Meglio quanto Di Menna non hanno dubbi nell’indicare lo sciopero del 30 ottobre come una delle ragioni che hanno spinto il governo a cambiare idea.
“In 60 anni di storia sindacale non si erano mai visti tanti insegnanti in piazza, un’adesione del 70% della categoria è stato un fatto importante”, spiega il coordinatore della Gilda, mentre il segretario Uil Scuola mette l’accento sull’unitarietà della manifestazione, che “ha portato in piazza tutto il mondo della scuola”.
Di Meglio sottolinea poi il calo nei sondaggi, “tenuti in molta considerazione da questo governo”; e Di Menna sottolinea le qualità di un sindacato che “protesta quando deve e si mette d’accordo quando ci sono le condizioni”.
Ancora, conclude il segretario Uil scuola, “è stato importante il parere della commissione Cultura della Camera, con cui noi d’altra parte avevamo svolto diversi incontri. E l’incontro di Palazzo Chigi, con la garanzia dell’accordo data dal sottosegretario del Consiglio Gianni Letta, e con la presenza dei ministri dell’Istruzione Gelmini e della Funzione Pubblica Brunetta, è stato senz’altro un incontro di livello”.