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La storia non siamo noi

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Riceviamo e diffondiamo una lettera inviata alla Direttrice del quotidiano l’Unità, per il momento non pubblicata. Ringraziamo l’autrice per la fiducia e la collaborazione. 

Cara Concita,

le scrivo da un piccolo paese della provincia di Bergamo, sono un’ insegnante precaria, lavoro in una Scuola Primaria come maestra di sostegno, l’ anno prossimo sarò disoccupata .

Oggi mentre ero seduta accanto al bambino di cui mi occupo è entrata in classe la nostra responsabile di plesso per annunciarci il via libera al Piano Attuativo cioè l’ insieme dei decreti che regolano la messa in opera della riforma Gelmini.

Conservo una copia dell’ Unità datata venerdì 31 ottobre 2008, sul bordo in alto della prima pagina, con un pennarello rosso lo stesso giorno scrissi: c’ ero anch’io .

Ho quasi cinquant’anni, sono separata e madre di tre figli: due frequentano l’ Università e sono studenti lavoratori, la più piccola ha tredici anni.
A loro nei giorni che precedettero la manifestazione dicevo “bisogna andare, dobbiamo essere in tanti per far sentire la nostra voce per difendere la scuola, i bambini, le insegnanti, per poter dire c’ ero anch’io e sentirsi un pò parte della storia“.

A Roma erano già affissi i manifesti del PD che promettevano un referendum per abrogare la legge e salvare la scuola, due giorni dopo nessuno parlava più della Scuola Primaria. Non facciamo più notizia. Veltroni dove sei? Perché non mantieni le tue promesse? Epifani , in Piazza del Popolo dicesti “Un intero paese insorge…“: scroscio di applausi, poi il nulla.

Ci saranno migliaia di disoccupati, una scuola pubblica di quarta classe, finanziamenti alla scuola privata, e nessuno più dice niente , forse perché davanti alla legge già approvata si può far ben poco ma allora perché siamo scesi in piazza il giorno dopo, perché la mobilitazione non c’è stata prima?

I sindacati sapevano di questa riforma , l’ opposizione sapeva , perché aspettare il giorno dopo ?
Perché il silenzio assordante di adesso ?

Chi è di ruolo sa che in un modo o nell’ altro continuerà a lavorare , e alla fine cosa si può fare se torneremo indietro di alcuni decenni ?

Ma noi precari, noi supplenti, non avremo nessuna possibilità di continuare a lavorare; inoltre all’interno degli Istituti Comprensivi siamo dislocati in vari plessi, siamo separati , siamo una minoranza ridotta al silenzio.

La sensazione che provo è di non esistere, di essere trasparente e con infinita amarezza dover dire “LA STORIA NON SIAMO NOI “.

Grazie per l’ attenzione, Manuela Rinaldi

da fuoriregistro

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