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L’Italia picchia gli studenti e taglia sulla scuola pubblica

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“Picchiare studenti e  docenti. Le forze dell’ordine non dovrebbero avere pietà e mandarli tutti in ospedale”. E’ questo il consiglio che l’ex Presidente della Repubblica, oggi Senatore a vita, Francesco Cossiga, dà al governo Berlusconi per “risolvere” le pacifiche manifestazioni che la stragrande maggioranza degli studenti e dei docenti italiani hanno recentemente organizzato contro la Legge 133/2008 che riformerebbe la scuola elementare diminuendo fortemente il corpo insegnanti.

     

Intervistato dal giornalista Andrea Cangini in merito alla minaccia del governo Berlusconi di utilizzare la forza pubblica contro gli studenti che occupassero gli istituti scolastici, il Presidente emerito della Repubblica detta al Presidente del Consiglio la propria ricetta: “ritirare le forze di polizia, infiltrare il movimento con agenti provocatori e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti mettano a ferro e fuoco le città” per ottenere il consenso popolare necessario alle “forze dell’ordine per non avere pietà e mandarli tutti in ospedale. Non arrestarli” – ha continuato Cossiga – “che tanto poi i magistrati li rimetterebbero subito in libertà, ma picchiarli e picchiare anche quei docenti che li fomentano”. 

Per Cossiga, lo sconsiderato consiglio dato all’attuale governo, sarebbe “una ricetta democratica” utile a “spegnere la fiamma prima che divampi l’incendio del terrorismo” che, sempre secondo l’ex inquilino del Colle, “tornerà a nascere nelle università e insanguinare le strade di questo Paese” proprio come accadde per le Brigate Rosse.

 

L’intervista, pubblicata lo scorso giovedì 23 Ottobre sul network Quotidiano Nazionale, è stata quasi completamente ignorata non solo dalla maggioranza parlamentare e dal governo ma, cosa ancor più grave, da buona parte delle opposizioni politiche e dalla stragrande maggioranza dei mezzi d’informazione.

 

La rete di siti internet, blog e forum italiani ha invece reagito immediatamente con sdegno, tanto più dopo gli scontri di Piazza Navona, a Roma, che, avvenuti nella mattina del 29 Ottobre, poco prima dell’approvazione parlamentare della c.d. Legge Gelmini, hanno insanguinato la pacifica manifestazione e ricordato ai più le parole di Cossiga.

 

Ma cosa è avvenuto realmente a Piazza Navona? Il 31 Ottobre, durante l’informativa urgente del Governo alla Camera dei deputati, per voce del sottosegretario all’Interno, Nitto Palma, il governo ha dichiarato che gli incidenti scoppiati tra studenti di diverse fazioni politiche sarebbero stati provocate dagli studenti di sinistra e non da quelli di estrema destra facenti parte del Blocco Studentesco.

 

“Fermi in Piazza delle Cinque Lune, i ragazzi di Blocco Studentesco hanno subito il lancio di oggetti da parte di circa 400, 500 persone appartenenti ai collettivi universitari e alla sinistra antagonista giunti dalla parte opposta di Piazza Navona e muniti di caschi da motociclisti. Alcuni studenti di Blocco studentesco – ha continuato il sottosegretario – hanno preso dei bastoni dal camioncino, dove evidentemente erano occultati, e affrontato l’avanzata degli aderenti ai collettivi universitari fino a quando l’intervento delle forze dell’ordine ha separato i contendenti”.

 

Mentre il governo si attestava su queste posizioni, su internet giravano i video degli scontri e gli interrogativi sul possibile utilizzo, da parte della Polizia, di infiltrati chiamati a provocare i manifestanti delle università dall’interno dei gruppi di estrema destra affinché si giungesse allo scontro e quindi alle cariche delle forze dell’ordine.

 

In particolare, i video ponevano l’interrogativo su un ragazzo in maglietta blu appartenente al gruppo di destra che intratteneva comportamenti e conversazioni ritenute confidenziali con i poliziotti. “A Piazza Navona non c’era nessun infiltrato delle forze dell’ordine” ha subito replicato il sottosegretario Palma, e mentre il blog di Beppe Grillo e i portali dei due maggiori quotidiani nazionali davano la caccia al nome del ragazzo possibile infiltrato, il sito web del Blocco Studentesco rivelava con un’intervista l’identità del ragazzo, in effetti appartenente al gruppo di estrema destra e non alle forze dell’ordine.

 

Se l’ipotesi degli infiltrati è da scartare, sugli scontri dei giorni scorsi persistono i misteri e l’idea sempre più comune che vi fossero dei rapporti di conoscenza tra alcuni esponenti del gruppo fascista e alcuni dei poliziotti chiamati a sedare gli scontri.

 

Ma se queste sono solo congetture presenti sul web rimane il fatto che le nuove fotografie pubblicate e le testimonianze del giornalista Curzio Maltese per Repubblica TV (http://it.youtube.com/watch?v=ZqVr1l9fOdA) e dei presenti a Piazza Navona (http://www.repubblica.it/2008/10/sezioni/scuola_e_universita/servizi/scuola-2009-5/ltestimonianza-prof/ltestimonianza-prof.html) non hanno smontato la ricostruzione dei fatti fornita dal governo, in quanto esatta in buona parte, ma evidenziato quanto essa sia monca, mancante della ricostruzione iniziale degli scontri, del pestaggio inferto a giovani manifestanti dal gruppo di fascisti armati di cinghie e spranghe e della non curanza delle forze dell’ordine.

 

“Martedì mattina mi trovavo in Piazza Barberini a fare lezione all’aperto insieme ai miei colleghi della Facoltà di Comunicazione”, racconta Emiliana, una studentessa romana di 23 anni che afferma di aver assistito agli scontri di Piazza Navona. “Prima delle undici – continua – dai colleghi posizionati di fronte al Senato della Repubblica ci arriva la comunicazione che un gruppo di fascisti armato di cinghie e spranghe tricolori avrebbe dapprima minacciato e poi menato alcuni giovani studenti a Piazza Navona”.

 

Finita la lezione Emiliana ed i suoi colleghi si avviano verso il luogo degli scontri. “Vediamo forze dell’ordine dappertutto – dice –  cingono gli ingressi di Piazza Navona tanto che per entrare siamo costretti a girare per vari minuti. Poi, finalmente, anche il mio gruppo riesce a confluire nella piazza. L’attraversiamo quasi completamente scandendo degli slogan antifascisti, poi notiamo un furgone bianco accanto al quale stanno dei ragazzi armati di spranghe, allineati come fossero una legione di soldati. Passano pochi minuti e ci caricano disperdendoci”. “E la Polizia?”, le domando. “Rimaneva dov’era, ai lati e agli ingressi della piazza, intervenendo con molto ritardo”.

 

“Per quale motivo manifestavi?”, continuo.

“Tagliare sull’istruzione non ha senso o forse un senso negativo lo ha davvero ed è quello che cerca l’attuale governo. Le manifestazioni volevano essere una richiesta di considerazione – dice sorridendo – quella che il ministro Gelmini non ci ha dato, buttandoci tutto a fatto compiuto”.

 

Già, tutto a fatto compiuto. Mentre quei ragazzi venivano picchiati sotto lo sguardo impassibile delle forze dell’ordine prima e sotto i colpi dei manganelli dopo, i media seguivano la scena e il Parlamento approvava a grande maggioranza la Legge voluta dal governo e osteggiata dalle centinaia di migliaia di studenti e docenti che in quelle ore organizzavano assemblee, occupavano scuole e facoltà di tutta Italia, scendevano in piazza per dire no ad una legge calata dall’alto.

 

Alessandro Di Maio

(pubblicato il 2 Novembre 2008)

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