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Mia figlia, precaria della scuola

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La Lettera     Pubblichiamo la testimonianza di chi, come la maggioranza dei cittadini italiani, si trova a vivere in condizioni difficili barcamenandosi tra la pensione come unico introito – insufficiente – della famiglia, i dissesti sociali, la precarietà e ora anche con un futuro a rischio per le nuove generazioni minacciate dalla riforma Gelmini


Ho 63 anni, sono figlio di un ex combattente scampato all’eccidio delle Fosse Ardeatine con molti anni di prigionia, una persona che lottò per la nostra DEMOCRAZIA e per una  ITALIA libera e unita. Un padre che mi ha trasmesso nobilissimi ideali e ha affrontato la vita con coraggio e spirito di sacrificio che, come quello di tanti altri illustri e valorosi uomini, ha rappresentato, e spero rappresenti ancora oggi, una pietra miliare nel grandioso cammino dell’umanità, nata per svolgersi  e progredire.

Al giorno d’oggi, invece, con una lavanda gastrica dinamicamente eseguita, si  possono mandare tante persone all’elemosina: pensionati, precari e tanta altra povera gente.

Nella società contemporanea si notano troppe diseguaglianze su tutto il territorio nazionale, in particolare tra Nord e Sud. Siamo diventati sempre più poveri, come pure molti sono diventati più ricchi (Gesù seduto in un luogo povero fonda il Suo invito su tre motivazioni di cui una recita: “che giova all’uomo guadagnare il mondo intero se poi perde la sua anima?”).

I nostri sono davvero giorni da dinosauri: tutto è inedito per dimensione e prospettiva, tutto è kolossal, tutto è super, tutto è ingigantito dalla lente d’ingrandimento che la noia e l’usura hanno disteso sulle cose umane.

Non posso dimenticare, allora, i sacrifici e l’attaccamento ai valori di eroi, martiri, pensatori ed educatori.

A mio padre penso ogni giorno. E’ morto il 22 febbraio del 1996 dopo 45 anni di vita vissuta tra letto e carrozzella, perché al ritorno dalla guerra, dopo aver trovato un’occupazione, subì un gravissimo infortunio sul lavoro il 21 novembre del 1951 che lo paralizzò per tutta la vita. Il Presidente della Repubblica Sandro Pertini e l’allora Presidente del Consiglio, Giulio Andreotti,  lo nominarono Cavaliere al Merito; una nomina che rappresentò per lui motivo di orgoglio perché non dimenticato dalle istituzioni.

Sono nato a Termini Imerese (PA) nel 1945 e risiedo a Caccamo (PA). Sono sposato, mia moglie ha 61 anni, è insegnante diplomata (sempre disoccupata) e ho due figli: la più grande (36 anni) è una precaria della scuola e il più piccolo (32 anni), pure precario, lavora presso una cooperativa.
Specifico che i miei figli non si sono sposati perché, non avendo una sistemazione, non riescono a crearsi una famiglia.

L’unica fonte di entrata sicura, nel nostro nucleo, è la mia; prima con lo stipendio, oggi con la pensione che è di € 1.200,00 (milleduecento) mensili, che con la comparazione sono pari a (ex lire) 1.200.000 tenuto conto che l’era dei furbetti, incontrollati o incontrollabili, ha fatto in modo che 1,00 euro equivalesse a 1.000 (mille) lire e non 1936,27.

Ho  concluso la mia attività lavorativa presso la Filiale delle Poste di Palermo (ex Direzione Provinciale), dove ero stato trasferito nel 1997, nella Segreteria particolare del Direttore che ha riconosciuto in me professionalità e conoscenza dei servizi; applicazione che si è conclusa il 31.12.2001.

Un nuovo ruolo che mi ha costretto, per gli ultimi quattro anni di lavoro, ad alzarmi la mattina alle 5,30, fare 100 chilometri al giorno con il mezzo proprio, lavorare dalle 9 alle 10 ore al giorno, più il viaggio,  per rientrare a casa alle ore 21,00. Un lavoro impegnativo e gravoso, perché  il periodo coincideva con la trasformazione: prima da Ministero Poste a Ente Pubblico Economico, successivamente in  Poste Italiane SpA .

Sono andato via dall’Azienda Poste con più di 36 anni di lavoro, mesi prima del pensionamento;  convocato dalla Direzione Regionale con la proposta di incentivazione all’esodo, mi convinsi ad accettare anche perché avevo accumulato troppo stess da impegni.

L’importo dell’incentivo è stato di lire 21.000.000 e una liquidazione di lire 52.000.000.

Ma la somma percepita, su cui non discuto perché l’ho accettata, mi ha lasciato però molta amarezza se rapportata a quello che si vede e si sente oggi: si tratta di una cifra che corrisponde ad alcuni stipendi mensili o pensioni percepiti da molti personaggi che certamente non hanno fatto “miracoli” per l’economia Italiana.

Specificando che l’incentivo all’esodo applicato all’interno di Poste Italiane è stato un modo, condiviso dalla politica del Governo di allora, per eliminare gli esuberi, mi domando perché non applicarla nell’ambito della scuola oggi, in modo da salvare i precari che per anni e anni sono stati sballottati per città e montagne della nostra Italia. Con questa spinta all’esodo verrebbero incentivati gli insegnanti più anziani al pensionamento per lasciare attive le graduatorie che, non più considerate “carta straccia”, lascerebbero vive le ambizioni che sono il giusto lievito della vita spirituale di un individuo.

Voglio portare l’esempio di mia figlia, Maria Tiziana, nata  il 14.12.1972, che ha conseguito il Diploma di Maturità Magistrale nel 1991, a cui è seguito il corso integrativo nell’anno scolastico ’91-’92 e il superamento del relativo concorso per l’abilitazione all’insegnamento per le scuole elementari, nel  luglio del 1995; nel 1997, in assenza di una possibilità di lavoro, ha inoltrato domanda all’Ente Poste Italiane Sicilia, per essere inserita in una graduatoria per una eventuale chiamata.

E’ stata quindi assunta nell’area operativa (ex CTD) con contratto a tempo determinato suddiviso in due periodi: dal 12.02.1998 al 30.05.1998 (giorni 108) e dal 01.07.1999 al 30.09.1999 (giorni  92).

Dopo questa esperienza lavorativa, e rimasta senza lavoro, è stata costretta, come hanno fatto tutti, a ricorrere alle vie legali contro Poste Italiane. Non posso nascondere che l’aver proposto ricorso mi ha creato disagio: mi sono sempre considerato parte della Famiglia Poste.

Ad oggi nessun esito del ricorso, tranne il fatto che quasi tutti i ricorsisti, avendo saputo degli accordi tra Sindacato e Azienda e avendo chiuso il contenzioso anzitempo, sono stati assunti.

Mi chiedo, è possibile che all’interno del nostro territorio nazionale la legge abbia consentito ad alcuni di lavorare e ad altri no? La nostra Costituzione non recita: “I cittadini sono tutti uguali di fronte alla legge……”?

Nel 2004 mia figlia, avendo avuto sin da piccola l’amore per la scuola e l’insegnamento, inoltra domanda di supplenza, così come tanti hanno fatto per decine e decine di anni compresi i parenti o gli amici di politici. Da allora insegna nelle scuole elementari della Toscana.

I sacrifici di questi anni, lavorati con estremo attaccamento, la posizionano nella graduatoria di prima fascia.

Da quasi cinque anni si sveglia alle cinque e trenta e torna a casa a volte a sera (non credo sia una fannullona). Fa parte della classe di insegnanti che ha dato il suo contributo per anni a questa scuola e ai bambini sfidando anche molte difficoltà e carenze.

Sono deluso e stanco perché questa situazione è costata fatica e sacrificio a lei, ma anche a me che ho dovuto rinunciare a parte della mia pensione in più occasioni per mantenerla.

Sono deluso e stanco perché dei due canali lavorativi aperti, uno si è forse chiuso per “ingiustizia” e per sopraggiunte complicità della politica e l’altro si chiuderà l’anno prossimo con il DL Gelmini; i precari della scuola non sono come quelli dell’Alitalia! Ultimamente sono stati troppo attaccati e offesi  ingiustamente, benché abbiano svolto lo stesso ruolo dei docenti titolari e anche di più.
Amano i bambini e il lavoro che svolgono  perché l’hanno sognato fin da piccoli; e a fine anno si accomiatano da scolaresche e insegnanti con commozione.

Sono deluso, stanco e aggiungo preoccupato e indignato per quanto scrivo, perché la scuola pubblica è l’organo democratico per eccellenza della Repubblica; seppur nella difficoltà tutti possono accedervi, seppur barcollante dà ancora una formazione migliore del privato, seppur provata è ancora colma di eccellenze e passioni!

Questa Repubblica senza la scuola pubblica è perduta definitivamente e saranno perduti tutti quelli che vi hanno creduto, come i precari, sì i precari costretti ad andare, l’anno prossimo, sotto i ponti perché senza occupazione e a trenta o quaranta anni di età saranno già vecchi per il mercato del lavoro, al pari degli altri vecchi che continueranno a lavorare a 60 anni e passa, ma con una vita intensa da vivere.

Chissà se avranno la forza di affrontare gli anni che avranno davanti.

Non faccio altro che sentire parlare di tagli e tagli, ma poi a pagare sono quelli che hanno dato tanto a questa vita, mentre le responsabilità di chi ha procurato i dissesti le pagano i poveri incolpevoli. Mille parlamentari, portaborse, segretari; Regioni, Province; Sindaci e Presidenti dei Consigli Comunali, quest’ultimi pagati con stipendi enormi anche nei piccoli comuni, tutto grava sui cittadini-contribuenti per avere come ritorno tasse, tasse e servizi scadenti.

Che dire poi della Sanità. Come vengono trattati  i poveri malati o quelli che non trovano i soldi per curarsi o per comprare le medicine oppure che non possono fare accertamenti perché costano troppo; non serve dire che le case farmaceutiche dovrebbero fare confezioni con poche compresse o altro, l’80% dei medicinali, se non più, sono a pagamento.

E che dire dei tanti canali televisivi che ci bombardano, giornalmente, di trasmissioni poco edificanti infarcite di coppie in dissesto, oppure che ci propinano ore e ore di trasmissioni per informare come conducono la vita gli attori, le attrici e le belle donne dello spettacolo.

Qualche sera fa un giornalista, intervenendo in un servizio al TG nazionale, si preoccupava dei cavalli di razza che, mandati al macello, lascerebbero 50.000 persone senza lavoro: e gli altri?

Le famiglie non ce la fanno ad andare avanti perché non hanno più nulla da spendere tranne che, forse e non so per quanto tempo ancora, per il pane e la pasta; certamente tagliando-tagliando e mandando via dai posti di lavoro la gente, la crisi sarà irrisolvibile.

Una speranza di miglioramento potrebbe venire da una diffusa presa di coscienza della gravità della situazione, da affrontare a vari livelli con buona fede, buona volontà e intelligenza della verità per poter avere, magari, un po’ di uguaglianza e giustizia sociale. fonte aprileonline

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