Il sì dell’Aula di palazzo Madama al decreto sulla scuola suscita la soddisfazione della maggioranza, ma scatena la protesta degli studenti e dell’opposizione. Che insieme chiedono, a gran voce, un referendum per abrogare la legge. Ma l’offensiva dei giovani e del centrosinistra non tocca il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, che commenta il via libera al testo del governo confermando di avere “un miracoloso 72% di gradimento nonostante la scuola” e spiegando di essere “superiore a queste cose” perché “le critiche e le invettive” non lo “toccano”. “Con le proteste – sottolinea – noi siamo stati già di manica larga”, mentre l’opposizione “inganna e prende in giro tanti ragazzi”.
Il Governo va avanti
Unica possibilità di ripensamento: una correzione alle risorse per la scuola privata. La reazione del premier non piace affatto al leader della Cgil Guglielmo Epifani, che lo accusa di “soffiare sul fuoco”, mentre scalda gli animi tra manifestanti e minoranza. La tensione era nell’aria da giorni, ma e’ oggi, con il voto finale alla riforma Gelmini, che Pd e Idv affilano le armi e gli studenti annunciano una mobilitazione ad oltranza. Poi gli scontri tra studenti a Piazza Navona complicano di piu’ le cose. Anche in vista dello sciopero generale della scuola di domani.
In Aula il ministro Mariastella Gelmini ascolta composta, per lo più a braccia conserte, gli interventi dei senatori. Stretta in un bolerino grigio su pantaloni neri, con capelli raccolti a coda di cavallo, si mostra impassibile alle critiche dell’opposizione. Anche quando il presidente dei senatori del Pd Anna Finocchiaro l’accusa di aver risposto solo “con il silenzio” e “l’afasia” alle istanze del mondo della scuola e della societa’ civile. Non un sospiro, nè un gesto. Solo dopo il voto finale parla e stringe mani ai colleghi della maggioranza che si complimentano con lei. Unico commento: “E’ tornata la serietà”. In Aula, il rito del voto fila via tranquillo nonostante l’intervento di Francesco Cossiga che ribadisce di aver “infiltrato”, quando era ministro dell’Interno, il movimento studentesco di agenti provocatori “pronti a tutto” per poi “manganellare” gli universitari riportandoli “alla ragione”.
I tafferugli tra studenti
Anche in piazza, per un po’ sembra tutto tranquillo. Subito dopo il disco verde del Senato al decreto, alcuni esponenti di Pd e Idv scendono a parlare con gli studenti che intonano slogan contro la Gelmini e Berlusconi e chiedono ai senatori di non essere lasciati soli. Perche’ loro, avvertono, andranno avanti nella lotta anti-riforma. All’improvviso i tafferugli: i rappresentanti di ‘Blocco studentesco’ accolgono, ‘armati’ di caschi e spranghe tricolori, il corteo in arrivo da ‘La Sapienza’ entrato a piazza Navona con le mani alzate in segno di pace. I primi colpi vengono dati davanti alle forze dell’ordine senza che intervengano. Poi, gli studenti di destra, che avevano preso le spranghe da un furgoncino entrato non si sa come in piazza, vengono portati via per essere identificati in Questura. Due studenti sono stati arrestati.
Il Pd annuncia il referendum
Tornata la calma, i vertici del Pd convocano una conferenza stampa alla Camera per dire che ormai l’unica strada è il referendum. “Dobbiamo riportare scuola e università al centro dell’agenda politica – annuncia Walter Veltroni – per dire ‘no’ al taglio imposto dal governo e puntare alla qualità”.
Al via dunque i banchetti per raccogliere le firme insieme al mondo della scuola. L’Idv, che si era presentata poco prima ai manifestanti con lo striscione ‘Passa il decreto Gelmini: referendum’, aderisce subito. I banchetti contro il ‘Lodo Alfano’ gia’ ci sono, spiega Antonio Di Pietro, saremo presto operativi. Ma c’è un problema: la riforma è legata alla finanziaria e la Costituzione vieta che possano essere sottoposte a referendum leggi tributarie e di bilancio. “Stiamo studiando con cura i quesiti – dice Veltroni – e cercheremo di abrogare la massima parte di questa legge ingiusta e iniqua”.
L’Udc, invece, non condivide: capiamo la protesta, afferma Pier Ferdinando Casini, ma diciamo ‘no’ anche perché “se tutto va bene si voterà nel 2010”.