Ieri, fino a tarda sera, hanno continuato a protestare nei pressi di Palazzo Madama migliaia di studenti, nonostante la pioggia battente. Chiedevano il ritiro del decreto Gelmini, posizione sostenuta nell’Aula del Senato da Pd e Idv.
Malgrado qualche momento di tensione, la protesta si e’ svolta pacificamente fino alle 22, quando la seduta di Palazzo Madama e’ stata aggiornata a questa mattina.
In Aula c’e’ stata polemica per l’intera giornata sia sul contingentamento dei tempi della discussione deciso dal presidente del Senato Renato Schifani, sia sulla posizione della maggioranza di ignorare i contenuti della contestazione di studenti e insegnanti. Anna Finocchiaro, capogruppo del Pd, ha in particolare polemizzato piu’ volte con Schifani mentre i senatori dell’Idv sono riusciti a sventolare alcuni cartelli contro la riforma decisa dal governo.
Tutti gli emendamenti dell’opposizione sono stati respinti.
Il testo del decreto sulla scuola e’ quindi restato quello gia’ licenziato dal voto della Camera. La maggioranza ha cosi’ palesato l’intenzione di fare in fretta e di non perdere tempo con una nuova lettura del provvedimento da parte delle Camere.
Se il conflitto sulla scuola sembra destinato a durare senza ripensamenti da parte del governo, si e’ gia’ aperta una nuova polemica tra maggioranza e opposizione: riguarda la riforma della legge elettorale per le europee.
Ieri sul tema e’ intervenuto il presidente Giorgio Napolitano ricevendo il Comitato per la democrazia (vi aderiscono Rifondazione, Verdi, Partito socialista, nuovo Psi, Psdi, Sinistra democratica, Partito liberale, nuovo Partito d’azione e Comitato 101), che gli aveva chiesto un incontro sul problema della rappresentanza politica che rischia di penalizzare le forze minori anche in previsione della rielezione del Parlamento di Bruxelles.
Napolitano si e’ detto favorevole a una soluzione che garantisca agli elettori la possibilita’ di esprimere le loro preferenze sulla scheda, senza penalizzare le minoranze con soglie di sbarramento eccessivamente alte (”Preoccupazione condivisa circa l’esigenza di stabilire un piu’ diretto legame tra gli eletti e i territori rappresentati e di garantire un effettivo intervento dei cittadini-elettori nella scelta dei loro rappresentanti”).
Le parole del capo dello Stato hanno riproposto pure una questione di metodo: ”La convinzione, gia’ espressa in precedenti occasioni, che quando si tratti di modificare regole tra le piu’ importanti della competizione democratica quali sono quelle dei sistemi elettorali sia da ricercarsi un ampio consenso in Parlamento”.
La replica e’ venuta dallo stesso premier, Silvio Berlusconi: no alla reintroduzione delle preferenze e no all’idea che la riforma possa essere varata con l’accordo di tutti i gruppi parlamentari. ”Noi siamo sempre attenti alle suggestioni del presidente della Repubblica ma e’ molto difficile, se non impossibile, avere relazioni decenti con questa opposizione”, ha ribadito il presidente del Consiglio.
Berlusconi ha lasciato intravedere solo la possibilita’ che la riforma possa ritoccare la soglia stabilita dal quorum per accedere al Parlamento di Bruxelles: il 5% previsto finora potrebbe diventare il 4%. Riferendosi alla possibilita’ che con il voto segreto su alcuni emendamenti proposti dall’opposizione possa riprodursi il fenomeno dei ”franchi tiratori”, il premier si e’ detto infine convinto della compattezza della sua maggioranza.
Un plauso alle parole del presidente Napolitano era venuto invece da Walter Veltroni. Il segretario del Pd ha colto l’occasione per ribadire la richiesta del suo partito: quorum al 3% e reintroduzione del voto di preferenza. Quest’ultima e’ la stessa posizione dell’Udc, che con Rocco Buttiglione ha confermato l’intenzione del partito di chiedere il voto segreto dell’Aula di Montecitorio sui propri emendamenti. Un appello a trovare una soluzione condivisa in Parlamento e’ venuto pure da Pier Ferdinando Casini.
Come sul decreto sulla scuola, il governo sembra pero’ avere voglia di fare in fretta pure sulla riforma della legge elettorale per le europee. Martedi’ 4 o mercoledi’ 5 novembre potrebbe esserci il voto finale di Montecitorio sul testo licenziato dalla Commissione Affari costituzionali della Camera.
L’ultima parola sulla calendarizzazione del voto spetta pero’ alla conferenza dei capigruppo di Montecitorio, che e’ stata convocata per domani. Da piu’ di una indiscrezione si e’ intanto appreso che Gianfranco Fini, presidente della Camera, potrebbe concedere il voto segreto dell’Aula sull’emendamento