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UN PRESIDE SPIEGA PERCHÉ SCIOPERERÀ. UNA MAMMA PERCHÉ UNA MAESTRA È MEGLIO DI CINQUE

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La rabbia del dirigente

da aetnanet: Da dirigente scolastico, vorrei motivare ed esplicitare il senso e le ragioni della mia partecipazione allo sciopero dei Dirigenti scolastici dell’Area V, indetto unitariamente dalla mia Organizzazione Sindacale, lo Snals-Confsal, dalla Flc Cgil e dalla Cisl Scuola per il prossimo giorno 30 ottobre. 

La prima motivazione, strettamente legata alle rivendicazioni dell’area V, è che intendo protestare contro l’esecutivo che, pur essendo il contratto dei dirigenti scolastici scaduto da ben 33 mesi, continua a rinviare con parole in libertà l’emanazione dell’atto d’indirizzo per l’avvio del negoziato per il rinnovo del CCNL, e ignora la richiesta di equiparazione della retribuzione complessiva dei dirigenti scolastici con le altre dirigenze pubbliche.

La seconda, intimamente connessa a quella di tutto il comparto scuola, è che ho l’esigenza intima e la volontà di tirar fuori la rabbia e di protestare perché sono profondamente indignato per la derisione e l’irrisione di una categoria, quella dei docenti, che opera con impegno e spirito di abnegazione al servizio della società. Sono un preside che non ha mai dimenticato di provenire dal ruolo dei docenti e che non ha mai smesso di essere e di sentirsi docente. Ora basta! Non è più tollerabile che i ministri della Repubblica Italiana, a fronte di ciò che ha detto il Presidente Napolitano “è in primo luogo a voi insegnanti che si deve tutto quel che si realizza di positivo nella scuola, anche nelle condizioni più difficili e disagiate”…, continuino, con ostentata “arroganza” e facendo appello alla loro incompetenza, ad infamare, buttare fango e tacciare il personale della scuola di tutto e del contrario di tutto. Basta con la favola razzista dei docenti del sud che sono meno preparati dei colleghi che operano al nord e necessitano di apposito aggiornamento: il ministro abbia rispetto per tutti e ricordi che il nord è stato “costruito” con la mente e con le braccia di tanti meridionali. Ora basta!!

Il terzo motivo per cui aderisco allo sciopero è che, rivedendo i miei 41 anni di effettivo servizio nella scuola, sento il dovere, oso dire morale, di protestare contro lo smantellamento della scuola statale e contro il tentativo di contrabbandare per riforma la determinazione del governo di fare cassa a discapito della qualità dell’insegnamento e senza tenere conto delle esigenze delle famiglie. Dica il ministro la verità! E’ anche una questione di stile!

Da padre, da cittadino, da uomo di scuola io mi aspetto, anzi esigo, che il Ministro della Pubblica Istruzione della Repubblica Italiana dica la verità e cioè che, per effetto della sua riforma:

1. molti docenti di ruolo saranno individuati come soprannumerari e saranno costretti a cambiare sede;

2. le scuole aventi un numero di allievi inferiore a 100, ubicate nei piccoli centri, saranno chiuse;

3. l’orario di insegnamento nella scuola primaria sarà ridotto a 24 ore settimanali, insufficienti a garantire il rispetto dei tempi di apprendimento propri di ciascun alunno;

4. il tempo pieno non sarà garantito a tutti, perchè non tutte le scuole sono dotate delle infrastrutture necessarie, specialmente al sud, dove il tasso di abbandono scolastico risulta essere più alto;

5. molti alunni diversamente abili non avranno più l’insegnante di sostegno e verranno ghettizzati, con conseguenze disastrose (ma sì, “chi-se-nefrega”!) sul piano sociale e didattico;

6. la riduzione del numero di indirizzi nella scuola secondaria di 2° grado non terrà conto del fatto che gli istituti professionali hanno finalità proprie e non sono doppioni degli istituti tecnici;

7. l’ accorpamento delle classi di concorso sarà rovinosa per tutti, docenti e alunni, ma, soprattutto per chi insegna materie tecniche e professionalizzanti;

8. la contrazione dell’orario scolastico, così come prevista dal piano programmatico presentato dal ministro, andrà à discapito delle materie tecniche;

9. la riduzione del 30% degli insegnanti di laboratorio impoverirà l’offerta formativa degli istituti professionali;

10. l’aumento di stipendio promesso a partire dal 2012 ai soli docenti di ruolo più “meritevoli” è il prezzo che si offre, ai docenti per svendere la scuola pubblica!

LORENZO ZINGALE

dirigente scolastico

(da www.lasicilia.it)

 

Le ragioni di una madre

In questi ultimi giorni il decreto Gelmini – decreto che reintroduce la figura del maestro unico per le materie fondamentali – è divenuto oggetto di manifestazioni e scioperi. Certamente non si può non essere solidali con tutte quelle persone che a seguito di questo provvedimento perderanno il posto di lavoro; ma è altrettanto doveroso e necessario non lasciare che la scuola sia utilizzata come un ammortizzatore sociale.

Scrivo nella qualità di mamma in quanto, dentro questo enorme polverone che si è sollevato, sembra che i bambini, ovvero i nostri figli, non abbiano alcuna importanza. Mia figlia fa la prima elementare ed ha ben cinque insegnanti che si ripartiscono ruoli e materie, più precisamente c’è quella che si occupa dell’italiano e dell’immagine, quella che cura la matematica e le scienze, quella che insegna storia e geografia, quella di inglese e infine la maestra di religione. Si può approssimativamente calcolare che in una classe di venti il rapporto è di un insegnante su quattro bambini; una spesa notevole, se si considera che la quantità non sempre è segno di qualità, e che l’Italia ha un tasso di natalità fra i più bassi d’Europa.

Mi è realmente difficile considerare quali benefici si possano ricavare da una simile ripartizione quando è tanto semplice individuarne i limiti! I bambini hanno bisogno di punti di riferimento chiari; la confortante figura della maestra e la famiglia, costituiscono, così come è stato per tante generazioni e per me, elementi decisivi per la formazione culturale e umana dei nostri figli.

Se prendiamo in considerazione la disgregazione familiare che grava sulla nostra società, ci renderemo conto della fatica che fanno tanti di questi piccoli; i quali non solo devono fare i conti con famiglie sempre più allargate, ma devono anche adeguarsi a scuola a metodi e temperamenti differenti.

Mi sono chiesta inoltre, come sia possibile per il genitore, il cui bambino mostri qualche difficoltà, individuare, con una tale molteplicità di maestre, una modalità di intervento mirato realmente efficace. Cosa accade poi se tutte queste insegnanti che sono colleghe, non vanno d’accordo o hanno linee educative divergenti?

Alcuni parlano di questo decreto come di una vera rivoluzione, ma questo è solo un primo passo; se realmente si vogliono cambiare le cose, occorre che ad insegnare siano coloro che mostrano una passione educativa motivata.

DORIANA RAIMONDO

(da www.lasicilia.it)

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