fbpx

Le due Sicilie in campo, non è solo una partita di calcio. E vi spieghiamo per quale ragione.

1692

 Ci sono anche i siciliani di confine, è ingiusto brandire la scimitarra e dividere la Sicilia in due, da una parte Catania e dall’altra Palermo. E di quelli che, come me, sono nati e vissuti nella terra di mezzo, Gela per esempio, che ne facciamo, li cancelliamo? Pretendete che ci schieriamo per amore e per forza? E invece no, non ci schieriamo, vogliamo vedere la partita, gustarcela senza doverci mangiare le unghia, gridare volgarità all’arbitro, incazzarci. Vogliamo avere il piacere di giudicare le squadre, gli allenatori, i presidenti, i tifosi catanesi e quelli che non ci sono, i palermitani che vedono la partita alla TV rodendosi dentro.

 

Un piacere che non ci sono soldi per pagarlo. Mascara fa una serpentina, dribbla due avversari, salta Amelia ed io che faccio? Esulto, naturalmente, perché posso comportarmi da sportivo purosangue.

Miccoli colpisce la sfera su punizione dal limite con lo stesso effetto che si dà ad una palla di biliardo, la palla compie una traiettoria incredibile, pare andarsene lontano, fuori dallo specchio della porta e poi, d’improvviso, cambia direzione e s’insacca alle spalle dell’estremo difensore rossazzuro: io che faccio? Esulto, e non m’importa niente se i catanesi si mangiano il fegato.

 

E ancora, alla fine della gara, essendo un abitante della terra di mezzo, posso discettare sul modulo delle due compagini, sugli sbagli dei coach, sulle loro trovate, sulle fortune e sfortune di giocatori, presidenti, tifosi e tutto il resto. Posso ragionarci sopra, con calma, discorrere con gli amici del più e del meno.

Dove lo trovo chi sopporta tutto questo? La terra di mezzo sembra un deserto. O catanesi o palermitani, o con Raffaele Lombardo o… E’ questo il cruccio, chi non sta con gli etnei e Lombardo, chi trova? Maurizio Zamparini, che è veneto. O Gaetano Micciché, il vicepresidente della società rosanero, che non lo conosce nessuno fuori dal recinto di Viale del Fante, sede del Palermo Calcio.

Gianfranco Micciché tifa rosanero, è un tifoso, ma non sta dall’altra parte della barricata. Lui sta con Lombardo, non è un segreto per nessuno. Parteggiare per lui, di questi tempi, è come stare dalla parte di Lombardo. E’ vero, si tratta di politica. Che c’entra con il calcio, con la partita. Sulla carta è così, ma c’entra e come.

 

Se fosse solo una partita di calcio perché diavolo avrebbero organizzato i Presidenti dell’Assemblea e della Regione una conferenza stampa alla vigilia della gara del Massimino? Si vede che ci tengono, che porta consensi. I tifosi sono anche elettori, no?

Ma sono soprattutto catanesi e palermitani, siciliani d’oriente e siciliani d’occidente da sempre. Furono siculi e sicani. Da 2500 anni si guardano in cagnesco, si rimproverano l’un l’altro qualcosa.

Uno che conosco e che vive, come me, a Palermo, e viene da una lunga permanenza nella terra di mezzo, sostiene che quella del Massimino non è una partita di calcio, ma è come la disfida di Barletta: chi vince, vince per almeno sei mesi. Fino a che i rossazzurri non rendono visita ai rosanero al Barbera. Sono sei mesi duri da digerire.

 

Macché partita di calcio, avverte il mio amico, gli orientali scendono in campo, seppure per interposta persona, con la loro storia, i vizi e le virtù. Invece che discettare sulle caratteristiche dei sudamericani in forza al Catania, bisogna pesare sulla bilancia pregi e difetti delle due Sicilie. Vincerà la furbizia, l’estro, l’attitudine levantina dei catanesi oppure il carattere arcigno, duro, tetragono dei palermitani? Il piacere di aggirare l’avversario dei catanesi o l’arte di “governare” la partita dei palermitani? Prevarrà la consuetudine al potere o l’arte di “navigare” e arrivare in porto con maestria dei catanesi?

Zenga e Ballardini non lo sanno, ma per quanto abbiano preparato la partita e gli schemi di gioco, sarà la storia a decretare la sconfitta o il successo delle loro squadre.

Per quanto riguarda gli abitatori della terra di mezzo, non c’è problema: vincono comunque, qualunque sia il risultato sul campo, a meno che non prevalgano i cretini. Che non sono né palermitani né catanesi, ma cittadini del mondo ed hanno la caratteristica di fare del male a se stessi e agli altri.

In questo articolo