Non so quanti, leggendo il titolo, riescano a collegare le due parole “classi differenziali” con le “classi ponte” approvate alla camera con la mozione Cota.
Le classi differenziali erano, negli anni sessanta e settanta prima della loro incauta abolizione dovuta alla massificazione voluta dalla sinistra, quelle classi dove venivano inseriti tutti i bambini troppo “vivaci” o troppo lenti nell’apprendimento che, con la loro vivacità o con la loro lentezza, danneggiavano il regolare apprendimento degli altri bambini.
Le classi differenziali servivano dunque ad un duplice scopo:
1) permettevano il regolare svolgimento del programma di studi per i bambini che non manifestavano né troppa vivacità, né troppa lentezza nell’apprendimento;
2) aiutavano questi bambini ad apprendere, con corsi e lezioni mirate.
Era talmente normale l’esistenza di simili classi che, a Bologna, una scuola era pressoché interamente dedicata loro.
Arrivò poi il sessantotto, la sinistra massificatrice e circa 30 anni fa le classi differenziali furono abolite.
I programmi scolastici non furono più rispettati e così abbiamo il risultato di una scuola dissestata come è quella di oggi.
Da alcuni anni al cronico e naturale problema di bambini troppo vivaci o troppo lenti, si aggiunge anche quello dei figli degli immigrati che non conoscono l’italiano e sono motivo di ulteriore danno per tutti, rallentando i programmi, ma anche essendo motivo di disturbo nella complessiva economia di una classe il cui buon apprendimento deriva da svariati fattori, non ultimo quello della omogeneità delle basi di partenza.
La mozione Cota, approvata dalla camera, ha deciso l’introduzione di “classi ponte” che altro non sono che le vecchie classi differenziali.
Dopo la restaurazione del voto in condotta, del grembiule, del maestro unico, finalmente si è compreso che anche la qualità della classe deve essere oggetto di intervento per tornare ad avere studenti che studiano con profitto e, così si pensa di restaurare le classi differenziali.
Non posso che esserne lieto.
Ricordo un mio amico di infanzia che ha frequentato quelle classi ed ora è uno stimato professionista.
Non si è laureato, ma i docenti di allora (altra tempra, altra qualità rispetto a quelli di oggi: allora insegnare non era un mestiere e neppure una professione, ma una missione !) riuscirono a fargli capire che poteva realizzarsi in altro modo che non con i libri.
Così è stato.
Ne ha guadagnato lui, ne abbiamo guadagnato noi che con il nostro maestro proseguimmo e completammo regolarmente il nostro programma di studi.
Mi piacerebbe che il ministro Gelmini avesse il coraggio di non centellinare le riforme che si propone di fare, ma di esprimere, sic et simpliciter, la volontà di restaurare la scuola secondo la Riforma Gentile, l’unica che sia seria e fruttuosa, per chi studia e per la società.
In questi giorni studenti, docenti e genitori sono uniti nell’orgia scioperaiola e si rivedono gli istituti occupati.
Ecco se questa è la scuola pubblica che dobbiamo pagare, allora ben vengano i tagli, anzi ben venga l’azzeramento di ogni finanziamento e la soppressione della scuola pubblica, perché è inutile, anzi dannoso, pagare per una scuola nella quale i docenti e i genitori incitano gli studenti non a studiare (che sarebbe il loro unico compito) ma a scioperare ed occupare le aule.
Non mi va che i miei soldi siano spesi per costoro, preferisco che mi siano lasciati in tasca per pagare eventualmente una seria scuola privata, all’antica, con un programma da seguire e che sarà svolto senza grilli per la testa. Da aetnanet