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La destra ci riprova: ecco la «salva-bancarottieri»

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In arrivo una nuova legge «salva bancarottieri». Il giorno dopo il tramonto definitivo della cosiddetta salva manager, ecco che spunta un’altra norma che potrebbe far cadere in prescrizione i processi Parmalat e Cirio, oltre ad altri procedimenti in corso su casi analoghi, anche se di dimensioni minori. Già, perché mentre la salva manager valeva solo per le imprese in amministrazione straordinaria, la nuova norma, invece, comporta una riforma strutturale del reato di bancarotta.

Andiamo con ordine. A fine agosto il Consiglio dei ministri vara, insieme al decreto su Alitalia, anche un disegno di legge delega, che contiene poche righe sul penale fallimentare e rimanda a «intese» tra i ministeri della Giustizia e dell’Economia. Da allora i due dicasteri si sono messi la lavoro e hanno raggiunto un’intesa, producendo un articolato più ricco. Che ha come obiettivo, tra gli altri, allineare la parte penale a quella civile (la riforma di quest’ultima è giunta a compimento nel gennaio scorso), in modo da mettere al riparo concordati e accordi di ristrutturazione da infondate contestazioni penali. E fin qui tutto in regola. Ma il problema riguarda le pene: per la bancarotta fraudolenta patrimoniale, infatti, la legge delega modifica i massimi di pena dagli attuali 10 anni a un range che va da 8 a 12. Sembrerebbe tutto uguale, in realtà il governo, con i decreti delegati, potrà decidere se portare la pena sotto i 10 anni. In questo caso la prescrizione passerebbe da 15 a 10 anni, dunque addio ai processi Parmalat e Cirio. La prescrizione, infatti, scatta se i due procedimenti non sono arrivati a sentenza definitiva, e col tetto dei dieci anni entrambi i processi sarebbero spacciati. È vero che con le aggravanti i tetti per la prescrizione potrebbero alzarsi, ma intanto il rischio c’è. Più che concreto. E soprattutto la decisione sul massimo della pena, tra 8 e 12 anni, sarebbe totalmente nelle mani di una maggioranza che ha già mostrato, per così dire, scarso rigore sui temi del falso in bilancio e della bancarotta. Nel 2005, sotto il precedente governo Berlusconi, ci fu già un tentativo di abbassare la pena massima per bancarotta fraudolenta a 6 anni, poi naufragato per le proteste dell’opposizione e di un vasto fronte di magistrati, giuristi e avvocati. Tanto che l’allora Guardasigilli, il leghista Castelli, fu costretto a una plateale marcia indietro.

La denuncia del nuovo colpetto di spugna arriva dal ministro ombra della Giustizia Lanfranco Tenaglia, magistrato, che bolla questa iniziativa come «una tempesta ben peggiore della precedente, è la sostanziale depenalizzazione del reato di bancarotta patrimoniale». Cosa che, sostiene sempre Tenaglia, «provocherebbe effetti immediati su tutti i procedimenti in corso, compresi i crac Cirio e Parmalat». Tenaglia, solitamente pacato, usa toni di fuoco: «È vergognoso che il governo tenti nuovamente di sottrarre alla giustizia coloro che hanno derubato i risparmiatori, proprio quando sembrava che la norma salva manager stesse tramontando». Secondo il ministro ombra, la salva manager «una volta uscita dalla porta rientrerebbe dalla finestra in tutti i procedimenti che riguardano gravi reati finanziari». Conclusione: «Si deve impedire questo scempio». Tenaglia se la prende con il ministro Tremonti che, una volta scoperta da Report la “prima” norma salva manager, si era subito battuto per la sua eliminazione, arrivando a minacciare le dimissioni. «Non è certo grazie a lui- attacca Tenaglia- che quella norma dovrebbe saltare. Ci risparmino i trucchi alla Tremonti».

Il disegno di legge delega non è ancora arrivato in Parlamento ma, nonostante le modifiche apportate dai ministeri dell’Economia e della Giustizia, non dovrebbe affrontare un nuovo passaggio in Consiglio dei ministri. È già pronto per il Parlamento. Ma non è esclusa una nuova retromarcia. Ieri, interpellato sul tema, lo staff del ministro Alfano non ha voluto rilasciare dichiarazioni.

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