16-10-2008 Rassegna Nazionale Situazione difficile non solo alle elementari. Secondo la Cgil alle superiori in 5.600 si dovranno trovare un’altra occupazione
SE QUALCHE insegnante delle superiori avesse la pericolosa tentazione di continuare a pensare che l’attacco alla scuola dello Stato è qualcosa che riguarda solo la scuola primaria, sappia che un prezioso studio della Flcgil consiglia di cambiare rapidamente punto di vista. Il DL 112/08 non è solo maestro unico, insidia al tempo pieno, tagli alla primaria, valutazione numerica, 5 in condotta e chi più ne ha più ne metta; non è solo lo smantellamento non casuale del segmento di eccellenza del sistema italiano. Ma è anche – secondo il dettato dell’art. 64 – 12.000 cattedre di meno alle superiori; 500 docenti soprannumerari; 5600 precari senza speranza di assunzione; 1300 aiutanti tecnici tagliati; 4600 posti Ata in meno; 3100 Ata precari che non saranno riassunti. Lo dimostra una simulazione elaborata dalla stessa Flcgil applicando – in base alla situazione delle scuole e degli organici nelle varie province – i tagli previsti da quell’articolo. Quattro situazioni esemplari: città caratterizzate da condizioni sociali sulle quali un indebolimento della scuola non potrà che incidere in maniera particolarmente significativa. Nella provincia di Roma è previsto per il 2009/10 il taglio di 771 docenti, 45 soprannumerari (di ruolo), meno 366 supplenze rispetto a quest’anno. Sommati ai 745 tagli previsti nella primaria, ai 1228 nella media, agli 889 Ata in meno, sono previsti 3633 posti di lavoro in meno. Napoli: -761 nella superiore; -1115 nella primaria; -1455 nella scuola media; -897 Ata: totale -4228 posti di lavoro in meno. Palermo: -296 alle superiori, -449 alle elementari, -498 alle medie; -360 Ata: totale -1602 posti. Infine Torino: -514 alle superiori; -377 alle elementari; -489 alle medie; -514 Ata, per un totale di 1764 lavoratori della scuola. Globalmente Lazio, Campania, Sicilia e Piemonte perderanno rispettivamente 5411, 7899, 6430 e 3703 posti di lavoro.
È necessario, dunque, che qualcuno si faccia carico – e non possono che essere gli insegnanti stessi – di trasferire all’opinione pubblica l’idea che una simile falcidia corrisponde ad un impoverimento dell’offerta formativa; che si organizzi un sistema di “contro-informazione”, esattamente come è accaduto, con ammirevole efficacia, nella scuola primaria.
Come raggiungeranno gli obiettivi che il governo si è prefisso per le scuole superiori? Le strategie sono differenti, ma alcune ne colpiscono in maniera inconfutabile la qualità: l’aumento del rapporto alunni/docente per classe; il taglio delle discipline tecnico professionali, sia pratiche che teoriche e dei laboratori; il dimezzamento delle ore di pratica artistica nei licei artistici e negli istituti d’arte; la fine di tutte le sperimentazioni; l’accorpamento di classi di concorso; il ritorno dei licei al modello Moratti con orari non superiori alle 30 ore; tutte le cattedre a 18 ore, anche quando questo provvedimento dovesse produrre soprannumero. Non sono che alcuni delle “soluzioni”. Ci parlano – nemmeno velatamente – di un disinvestimento assoluto sulle professionalità all’interno della scuola; di un modello didattico totalmente svincolato dalla laborialità; di un progetto culturale di impoverimento della funzione della scuola come spazio di socialità e di esperienza emancipante attraverso gli strumento della cultura, soprattutto per le fasce più deboli.