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I nuovi indigenti, i prof che stanno perdendo il lavoro

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SE QUALCHE insegnante delle superiori avesse la pericolosa tentazione di continuare a pensare che l’attacco alla scuola dello Stato è qualcosa che riguarda solo la scuola primaria, sappia che un prezioso studio della Flcgil consiglia di cambiare rapidamente punto di vista. Il DL 112/08 non è solo maestro unico, insidia al tempo pieno, tagli alla primaria, valutazione numerica, 5 in condotta e chi più ne ha più ne metta; non è solo lo smantellamento non casuale del segmento di eccellenza del sistema italiano.
Ma è anche – secondo il dettato dell’art. 64 – 12.000 cattedre di meno alle superiori; 500 docenti soprannumerari; 5600 precari senza speranza di assunzione; 1300 aiutanti tecnici tagliati; 4600 posti Ata in meno; 3100 Ata precari che non saranno riassunti. Lo dimostra una simulazione elaborata dalla stessa Flcgil applicando – in base alla situazione delle scuole e degli organici nelle varie province – i tagli previsti da quell’articolo. Quattro situazioni esemplari: città caratterizzate da condizioni sociali sulle quali un indebolimento della scuola non potrà che incidere in maniera particolarmente significativa. Nella provincia di Roma è previsto per il 2009/10 il taglio di 771 docenti, 45 soprannumerari (di ruolo), meno 366 supplenze rispetto a quest’anno. Sommati ai 745 tagli previsti nella primaria, ai 1228 nella media, agli 889 Ata in meno, sono previsti 3633 posti di lavoro in meno. Napoli: -761 nella superiore; -1115 nella primaria; -1455 nella scuola media; -897 Ata: totale -4228 posti di lavoro in meno. Palermo: -296 alle superiori, -449 alle elementari, -498 alle medie; -360 Ata: totale -1602 posti. Infine Torino: -514 alle superiori; -377 alle elementari; -489 alle medie; -514 Ata, per un totale di 1764 lavoratori della scuola. Globalmente Lazio, Campania, Sicilia e Piemonte perderanno rispettivamente 5411, 7899, 6430 e 3703 posti di lavoro.È necessario, dunque, che qualcuno si faccia carico – e non possono che essere gli insegnanti stessi – di trasferire all’opinione pubblica l’idea che una simile falcidia corrisponde ad un impoverimento dell’offerta formativa; che si organizzi un sistema di “contro-informazione”, esattamente come è accaduto, con ammirevole efficacia, nella scuola primaria.

Come raggiungeranno gli obiettivi che il governo si è prefisso per le scuole superiori? Le strategie sono differenti, ma alcune ne colpiscono in maniera inconfutabile la qualità: l’aumento del rapporto alunni/docente per classe; il taglio delle discipline tecnico professionali, sia pratiche che teoriche e dei laboratori; il dimezzamento delle ore di pratica artistica nei licei artistici e negli istituti d’arte; la fine di tutte le sperimentazioni; l’accorpamento di classi di concorso; il ritorno dei licei al modello Moratti con orari non superiori alle 30 ore; tutte le cattedre a 18 ore, anche quando questo provvedimento dovesse produrre soprannumero. Non sono che alcuni delle “soluzioni”. Ci parlano – nemmeno velatamente – di un disinvestimento assoluto sulle professionalità all’interno della scuola; di un modello didattico totalmente svincolato dalla laborialità; di un progetto culturale di impoverimento della funzione della scuola come spazio di socialità e di esperienza emancipante attraverso gli strumento della cultura, soprattutto per le fasce più deboli.

Nota: Unità 16 ottobre 2008

 

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