JEAN LEONARD TOUADI parlamentare del Pd che è nato nella Repubblica del Congo e che certe dinamiche le conosce bene, racconta che «la Lega non si è inventata niente». E spiega: «Le ‘classi ponte’ proposte dal Carroccio esistevano già qualche anno fa, nel Sudafrica delle discriminazioni. La stessa parola “Apartheid” significa, in lingua boera, “sviluppo separato”. Stiamo giocando con il fuoco».
L’eurodeputato della Sinistra europea Vittorio Agnoletto ricorre invece agli studi storici: «Prima di Cota ci aveva già pensato Goebbels». Il riferimento al ministro della Propaganda nazista viene argomentato col fatto che «classi ebraiche statali» e per stranieri «furono istituite dal regime nazista»: «La propaganda spiegò al popolo tedesco che i cambiamenti avrebbero migliorato le condizioni di vita tanto dei cittadini del Reich quanto degli stranieri», ricorda. «Oggi Cota usa parole non molto diverse».
In realtà, la mozione presentata dal parlamentare leghista e approvata l’altro ieri alla Camera con i voti del centrodestra fa di più. Per giustificare la norma delle classi separate per gli alunni stranieri che non abbiano superato dei test ad hoc, il provvedimento introduce una formula piuttosto circonvoluta: «La scuola italiana deve essere in grado di supportare una politica di “discriminazione transitoria positiva”, a favore dei minori immigrati». Per l’opposizione, ma anche per pezzi della maggioranza, per il sindacato, per amministratori locali di diverso colore politico, per associazioni le più diverse e per il Vaticano, questa mozione introduce una «discriminazione» punto e basta.
«Dio ci scampi dall’idea di classi separate», dice Walter Veltroni definendo «inconcepibile» il documento approvato. Il segretario del Pd invita ad immaginare cosa sarebbe accaduto se «nella Torino degli anni 60 fossero state fatte delle classi differenziate per i figli di immigrati che non parlavano bene l’italiano. Che Italia avremmo costruito?». Il leader dei democratici promette che se il Pdl tenterà di trasformare la mozione leghista in una legge, il suo partito «farà in aula tutto quello che è possibile fare per bloccarla».
Il destino della mozione è tutt’altro che chiaro. È esclusa la riconversione del testo in emendamento al decreto Gelmini, che martedì sarà discusso al Senato. Piuttosto, le voci critiche che si levano nello stesso centrodestra e anche in ambienti esterni al mondo politico fanno prevedere un percorso quantomeno ad ostacoli.
La presidente della commissione Bicamerale per l’infanzia Alessandra Mussolini parla di «provvedimento razzista» e chiede un incontro urgente con il ministro dell’Istruzione Gelmini. Gianni Alemanno definisce «necessaria una pausa di riflessione prima che la mozione si traduca in norma di legge». Il sindaco di Roma auspica anche «un confronto con il mondo del volontariato, l’associazionismo cattolico e con tutti coloro che operano nel campo dell’istruzione e dell’immigrazione».
Tutti settori che hanno già espresso dure critiche. Il segretario della Cgil Guglielmo Epifani parla di «atto di inciviltà verso tutti i bambini, siano essi figli di immigrati o di italiani» e di una divisione che «richiama gli aspetti bui dell’apartheid». «L’idea di ghettizzare bimbi immigrati in classi differenziate» non piace neanche al segretario dell’Ugl Renata Polverini. Preoccupazione viene espressa dall’Anci, dall’Arci, da Legambiente e da tante altre associazioni e sigle del mondo del volontariato. E anche il Vaticano è intervenuto auspicando adeguate politiche per l’integrazione: «Un indicatore molto importante del grado di inserimento dei giovani – dice l’arcivescovo Agostino Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio per la Pastorale dei Migranti e degli itineranti – è la loro integrazione nel sistema formativo del Paese di residenza».
Nota: Unità 16 ottobre 2008