(ASCA) – Bologna, 14 ott – Scuola, l’Emilia-Romagna si prepara al ricorso contro il Governo. ”Il conflitto e’ nei fatti” dice il presidente dell’Emilia-Romagna Vasco Errani.
E, commentando il provvedimento del ministro Gelmini che minaccia la chiusura dei plessi scolastici con meno di 50 alunni, aggiunge: ”Non e’ una riforma. E’ un atto grave da parte del Governo che interviene direttamente sulle competenze delle Regioni e degli Enti locali, e a cui le Regioni risponderanno con determinazione”. Sotto accusa sono l’articolo 64 della legge 133 (approvata in agosto) e l’articolo 3 del decreto legge 154 (di ottobre): il primo detta i criteri di dimensionamento degli istituti scolastici mentre il secondo prevede il commissariamento delle Regioni inadempienti. ”Il conflitto e’ nei fatti e il responsabile unico ed esclusivo e’ il Governo – continua Errani – Sono anni che lavoriamo per superare una fase di conflitti istituzionali, che non giovano certo all’Italia. Mi auguro che il Governo ne prenda atto e decida di sedersi a un tavolo istituzionale”.
Non si puo’ intervenire in queste questioni con superficialita’ e arroganza: ”Stiamo parlando – continua il governatore dell’E.Romagna – della formazione dei ragazzi e delle ragazze di questo Paese. Il ministro ha scelto questa strada senza coinvolgerci e, proprio mentre si parla di federalismo, il Governo va nella direzione opposta e utilizza un atto d’imperio che autorizza il commissariamento delle Regioni che non ottemperano al decreto”.
”In Emilia-Romagna sono 92 i plessi della scuola primaria, 39 quelli di scuola secondaria di primo grado e 6 i plessi di scuola superiore con meno di 50 studenti che rischiano la chiusura – sostiene l’assessore regionale alla Scuola Paola Manzini – La Regione Emilia-Romagna da tempo esercita le proprie funzioni di indirizzo al territorio per l’organizzazione della rete scolastica, in accordo con le Province e i Comuni. Dobbiamo preoccuparci della qualita’ del servizio scolastico, oggi assicurata in tutto il territorio regionale, e invece il decreto 154 stabilisce una scadenza a brevissimo termine, che impone alle regioni e agli enti locali una riorganizzazione in tempi improbabili, con la minaccia di un commissariamento per le regioni che non riusciranno a completare la revisione entro il 15 dicembre.