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Diritto di sciopero, Berlusconi vuole nuove restrizioni

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Il governo di destra Berlusconi vuole abolire anche il diritto di sciopero. Nel tentativo di scardinare il rapporto tra sindacato e lavoratori, il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, sta lavorando ad «un disegno di legge delega per riformare l’attuale regolazione del diritto di sciopero nei servizi di pubblica utilità». «Anche in relazione a questa stagione di scioperi – ha aggiunto il ministro -, credo che già nei prossimi giorni vareremo questo ddl da sottoporre al Parlamento».

Nel dettaglio, Sacconi ha spiegato che dovrà essere reso obbligatorio il referendum consultivo assieme alla dichiarazione di adesione del lavoratore allo sciopero «in modo che gli utenti siano informati sul livello di adesione allo sciopero, disciplinando – ha detto il ministro – il meccanismo della revoca perché troppo spesso si annuncia uno sciopero e poi lo si revoca all’ultimo minuto-secondo, in modo che il danno è stato fatto senza pagare il pegno della perdita del salario». In questo caso, ha poi proseguito, la revoca dev’essere anticipata «per poter evitare la trattenuta, tranne nel caso in cui si faccia, anche all’ultimo momento, un accordo che risolva la questione in via definitiva e non una semplice e timida intenzione di miglior dialogo». Inoltre ci deve essere «un più robusto e garantito intervallo tra uno sciopero e l’altro. Pur agendo diversi soggetti, l’intervallo tra uno sciopero e l’altro deve essere garantito in modo che ci sia un congruo periodo di assenza di interruzione del servizio». Sacconi sta pensando a «favorire lo sciopero virtuale che si può fare col fazzoletto al braccio: io lavoratore sono in agitazione, perdo il salario e però il datore di lavoro paga una cifra congrua per ogni lavoratore che si astiene virtualmente dal lavoro. La controparte cioè paga ugualmente e queste risorse vanno a un fondo solidaristico che poi decidono come usare. E questo sempre per evitare un’interruzione del servizio pur legittimamente manifestandosi un disagio». Meccanismo a parte sono le sanzioni che, per Sacconi, sono un «punto fondamentale». Queste sanzioni sono decise da una apposita commissione e sono applicate dal datore di lavoro «che normalmente è tenuto a applicarle quando il conflitto si è già esaurito. E questo – ha sottolineato Sacconi – il datore di lavoro non lo fa mai; allora l’ipotesi è quella di incaricare i prefetti di applicare la sanzione che, in questo modo, ragionevolmente, per il pericolo per il prefetto di omissione di atti d’ufficio, potrà essere effettivamente applicata». Attualmente le sanzioni, secondo il ministro, per i lavoratori sono di poca misura e sono non bene applicate.Giorgio Cremaschi, esponente dell’ala di sinistra della Cgil, non è molto convinto di una simile modifica di legge: «Esiste già una regolamentazione per legge. C’è già una legge, la 146 del 12 giugno 1990, modificata dalla n. 83 dell’11 aprile 2000, che limita gli scioperi nei trasporti e nei servizi pubblici: è già una legge molto precisa e restrittiva. Inoltre, ci sono ulteriori restrizioni anche nei contratti privati. Toccare il diritto di sciopero significa mettere in discussione una legge costituzionale». «Il diritto di sciopero è un diritto del lavoratore, non del sindacato – precisa il sindacalista -. Non c’è alcuna soglia d’accesso per la proclamazione». Cremaschi, infine, fa notare: «Mentre si diffondono notizie ottimistiche sulla situazione economica del nostro Paese, allo stesso tempo vogliono regolamentare il diritto di sciopero. Quindi, significa che prevedono molti scioperi contro il governo e vogliono evitarli».

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