I giovani d’oggi non sono solo quegli scellerati drogati dipinti dai reality e da Lucignolo. Ok, a volte confondono l’impegno politico col vecchio giuoco “Rossi vs Neri“. Ma qualcuno in grado di ragionare, o quantomeno di interessarsi a ciò che accade nell’universo che circonda le loro mutande firmate, ancora c’è. Da il Giornalettismo.com
Trasformazione graduale in fondazioni delle scuole (art. 16 della Legge n. 133, “Principio della convertibilità“), messe praticamente KO dai devastanti tagli. Sostanziale privatizzazione delle stesse, con tanto di immancabili consigli di amministrazione che spunteranno fuori come funghi. Probabile, ulteriore aumento incontrollato delle tasse universitarie, conseguenza della mancanza di un limite di legge che preveda per esse un tetto accettabile. Con inevitabile creazione di Università di serie A, B e anche C1 e C2. “Cervelli” sempre più umiliati, precarizzati, costretti alla fuga disperata in Paesi nei quali sia stata compresa un po’ meglio l’importanza centrale della ricerca, indispensabile per tirarsi fuori dal buco nerissimo e apparentemente senza uscita di crisi come quella attuale.
E ANCORA… – Abolizione della pluralità docente, miope modo per risparmiare qualche soldo con ripercussioni a livello occupazionale, peggiorando la qualità dell’educazione e rinnegando le tre famosissime e pompatissime “i” di qualche tempo fa; ma soprattutto stravolgendo senza che ve ne sia necessità (anzi) la scuola primaria, e umiliando quello spirito di collaborazione e di comunione di conoscenze che si era creato con tanta fatica in questi ultimi vent’anni. E contemporaneamente, diciamocelo, accontentando (o perlomeno non scontentando eccessivamente: si fa sempre tutto con un occhio ai sondaggi) i fan della scolarità da libro Cuore e i sempre più numerosi “nostalgici dei bei tempi” (”che bello, il maestro unico, i grembiulini e il voto in condotta c’erano anche quand’ero piccolo… sì, quando i treni arrivavano in orario e pure l’olio di ricino dopotutto non aveva un sapore così sgradevole“). Il sostanziale blocco del turn over del personale, che sarebbe un colpo letale alle innumerevoli discipline specialistiche nelle quali l’Italia primeggia nel globo e che “ci farebbe dire addio ai sogni universitari di carriera. Ed è proprio la cosa più grave di questa riforma: distrugge completamente i nostri sogni” (Ciccio dell’Associazione Il Sileno). Queste alcune delle ragioni del crescente movimento di protesta contro la politica scolastica scriteriata della Gelmini e di Tremonti, imposta con una certa arroganza per decreto e avallata con cieca fiducia (già la sesta!) da un Parlamento ormai ridotto a gregge ed espressamente svuotato delle sue prerogative originarie.
AUTUNNO CALDO, ANZI BOLLENTE – In campo contro l’ormai famigerata Legge n. 133 architettata da Brunetta e da poco ratificata dalla Camera – in attesa dello sciopero generale e della manifestazione nazionale prevista a Roma per il 30 ottobre – sono scesi in campo docenti del blasone di Alberto Asor Rosa, Gianni Vattimo, Piero Bevilacqua e molti altri, che hanno chiesto ai Magnifici Rettori di bloccare l’apertura del prossimo anno accademico in tutto il Paese. A Roma nei giorni scorsi sono stati occupati gli uffici del rettorato dell’Università “La Sapienza” da parte di studenti e ricercatori inferociti. A Napoli è stato preso Palazzo Giusso, uno dei simboli storici dell’istituzione universitaria partenopea. A Firenze, per solidarietà con la lotta dei ricercatori, sono stati okkupati il Polo di scienze e la Facoltà di agraria, con tanto di blocco della didattica. E si protesta ancora con la bava alla bocca (o quasi) a Torino, Bologna, Palermo… praticamente ovunque. Università che rischiano di retrocedere nell’inferno delle serie inferiori, si diceva prima, e nelle quali “gli studenti verranno ammassati a fare lezione. Un esempio? Noi già oggi siamo 330 in aula da 180 a fare DISEGNO TECNICO. Grazie Maria Stella del futuro che ci dai. Matteo, pessimista non di natura ma per obbligo dettato dal nostro Stato. Grazie a tutti voi che ci obbligate a vivere nello schifo per i prossimi anni, perché evidentemente non siamo degni di spassarcela come voi. E un grazie rivolto a tutti i docenti e ricercatori, che insultati, odiati, continuano ad amare così tanto la loro professione e provano a donarci un futuro