Nuova Alitalia. Lo afferma il presidente dell’associazione Massimo Muccioli auspicando che “l’accordo quadro già sottoscritto dai sindacati confederali e l’Ugl venga firmato da tutte le altre organizzazioni. L’Anpav ritiene che l’invarianza salariale, a fronte di un aumento della produttività, nel rispetto delle normative vigenti europee, sia però una condizione ineludibile”.
Si tratta di una delle sei sigle sindacali che non avevano accettato il piano della cosiddetta “cordata”.
A questo punto si piotrebbe innescare un meccanismo che riporta al tavolo della trattativa. Ciò opresuppone che vi sia un ripensamento anche da parte della Cai e degli altri sindacati autonomi. La stessa Anpav, comunque, ha posto un paletto nel comunicare la sua disponibilità all’accettazio, paletto che riguarda l’intoccabilità dello stipendio. Si è disposti ad aumentare il numero delle ore di lavoro, cioè la produttività, in cambio del mantenimento degli stipendi attuali.
C’è poi la posizione del sindacato Trasporti della Cgil, che ha avuto finora un atteggiamento assai critico verso la Cai,al pari dellle rappresentanze sindacali dei piloti.
Dopo la rottura tutti, a parole, si sono augurati che non si tratti di una decisione irreversibile, ma nei fatti le posizioni non si sono avvicinate per nulla. Si ha perciò la sensazione che sia diventato prioritario scrollarsi le responsabilità del fallimento della Compagnia.
Il governo, com’è noto, avrebbe voluto che Colannino, presidente della Cai, chiudesse l’acordo con coloro che avevano firmato, ma questo non è avvenuto. Né VColannino, né gli aklltri imprenditori, hanno voluto fare concessioni.
Il caso Alitalia ha assunto caratteri di unicità non solo per la rilevanza deòlla questione ma anche per il comportamento dei lavoratori, i quali hanno festeggiato la chiusura della trattativa e la rottura con la nuova Compagnia. Con slogan ed urla di proteste hanno detto che è meglio “falliti che stare con quei banditi”.
L’epiteto è rivolto a Colannino ed agli altri, che banditi non sono per niente, ma imprenditori che fanno il loro mestiere.
Bisognerà pure riflettere su questa acrimonia e su una scelta che mette a repentaglio il posto di lavoro definitivamente.
Non si è trattato di una vertenza come le altre, questo è indubbio. Da molti giorni il tamburo degli ultimatum ha suonato molte volte, non è stato certo vantaggioso usare questo atteggiamento. Ha inasprito la vertenza e reso difficile la soluzione invece che suggerire un sollecita conclusione, come si credeva.
Chi l’ha ispirato, ha fatto male i conti. Nessuno vuole essere costretto a decidere con la corda al collo.
Ora si tenta di raccogliere i cocci.