in un’anticipazione del periodico «Tempi» la ministro si è lasciata andare ad una insidiosa dichiarazione sulla scuola pubblica e su quella privata da orizzontescuola
Il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini decide di inaugurare il suo primo anno scolastico attaccando l’opposizione al termine della discussione in commissione Cultura della Camera. «Minacciare di scendere in piazza prima di conoscere il piano – affonda – la dice lunga su quanto siete interessati al confronto». Sono parole che, seppure riferite al piano programmatico per la scuola che il ministro presenterà venerdì ai sindacati, fanno un certo effetto dopo che il governo ha iniziato a procedere sulla materia scolastica con un decreto legge agostano che ha stupito anche docenti, presidi, studenti, sindacati, genitori ed enti locali chiamati ieri a Montecitorio per un’audizione giudicata da tutti ex post. Il resoconto della capogruppo del Pd in commissione Cultura Manuela Ghizzoni è chiaro e non smentito: «Le associazioni hanno espresso la loro netta contrarietà per il metodo utilizzato dal ministro che non ha consentito un serio e approfondito confronto per rispondere a quelle che sono le vere esigenze educative dei nostri ragazzi e per sostenere il bene del Paese». Da parte dell’Anci c’è stata la richiesta di «avere rassicurazioni sul mantenimento ed incremento del tempo pieno». Richiesta ribadita dall’assessore alle Risorse educative del Comune di Torino che ha specificato: «Delle 4858 classi totali circa due terzi sono funzionanti a tempo pieno. Queste cifre lasciano immaginare le gravi conseguenze che deriverebbero dalla prospettata riorganizzazione scolastica». Medesime preoccupazioni sono state espresse da Angela Cortese e Andrea Ferrazzi, in rappresentanza delle Province italiane. La Cisl scuola si è fatta sentire sul maestro unico («indignata per la disinvoltura culturale, giuridica, politica e istituzionale con la quale si mortifica e si offende un ordine di scuola le cui prestazioni si confermano, anche a seguito del recente rapporto dell’Ocse, su livelli di assoluta eccellenza») e annuncia mobilitazioni.
Non bastasse, in un’anticipazione del periodico «Tempi» la ministro si è lasciata andare ad una insidiosa dichiarazione sulla scuola pubblica e su quella privata. «La scuola – ha detto – è sempre pubblica, sia quando è gestita dallo Stato, sia quando non lo è. E di conseguenza credo che noi dobbiamo adoperarci per elevare la qualità media della scuola, sia essa statale o non statale». Il modello indicato è quello della Regione Lombardia che «ha introdotto il principio della dote da dare agli studenti. Certo, abbiamo la necessità di liberare risorse per poter garantire la libertà di scelta».
Tradotto, la differenza che c’è tra la scuola pubblica e quella privata (che svolge servizio pubblico) è come quella che passa tra un bus di linea e un taxi, con la differenza che, nelle intenzioni del ministro, lo Stato dovrebbe avere risorse per pagare il taxi a tutte le famiglie italiane con figli in età scolare. E con la non trascurabile coincidenza che il governo quelle risorse le sta tagliando.
Mariapia Garavaglia, ministro ombra dell’Istruzione del Pd, attacca: «Il ministro prosegue con gli annunci dimenticandosi che temi di questo genere hanno una sede istituzionalmente preposta per discuterne, il Parlamento». La parlamentare Maria Coscia è ancora più dura: «L’intenzione del governo è di demolire il sistema pubblico scolastico».
Non si placano infine le polemiche sugli insegnanti in lutto nel primo giorno di scuola. I sindacati confederali reagiscono alla presentazione di un esposto alla Procura della Repubblica di Firenze. Mentre il deputato aennino Fabio Rampelli scrive in un’interrogazione se «non esistano i presupposti per sanzionare i manifestanti».