Sindacato FLC L’interpretazione della norma sui contratti flessibili contraddice le precedenti circolari
Con l’ennesimo parere (questa volta al comune di Ancona) relativo all’interpretazione dell’art. 36 D.lgs 165/01 modificato dall’articolo 59 del DL 122, il Dipartimento della Funzione Pubblica interviene in maniera molto pesante sulla possibilità di utilizzo dei contratti di lavoro flessibile nella pubblica amministrazione, per le gravi conseguenze che essa potrebbe avere per migliaia di lavoratori precari.
La legge finanziaria 2008 aveva già introdotto una modifica restrittiva alla norma originaria dell’art. 36, introducendo nuovi vincoli all’utilizzo di questi contratti: il limite massimo di 3 mesi di durata e il presupposto di esigenze stagionali per la loro attivazione. La finalità di tale modifica era quella di frenare l’espansione del lavoro precario e, per quanto molto rigida, si presentava coerente con i piani di stabilizzazione avviati. La stessa norma introduceva, poi, una deroga per i contratti attivati su fondi esterni o su progetti in quanto legati alla durata del progetto o del finanziamento.
Tutte le amministrazioni hanno, quindi, avuto l’esigenza di interpretare l’area di applicazione della nuova disciplina ed, in particolare, il riferimento alle tipologie di lavoro flessibile contenuto nella norma.
Il Dipartimento della Funzione Pubblica, con circolare n° 2 dell’ 11 marzo 2008, in riferimento alle modifiche apportate dalla Finanziaria 2008 all’art. 7 del D.lgs 165/01, relativo alle collaborazioni esterne nella PA (rapporti di lavoro autonomo), aveva scritto chiaramente che “ il limite temporale individuato dall’articolo 36 comma 1 del D.lgs n° 165 del 2001 come sostituito dalla legge finanziaria per l’anno 2008 …non si applica ai contratti di collaborazione che sono contratti di lavoro autonomo e, pertanto, non sono inclusi nella categoria dei contratti di lavoro subordinato flessibile”, disciplinati appunto dall’articolo 36”.
Con la successiva circolare n° 3 del 19 marzo 2008 lo stesso Dipartimento forniva una dettagliata interpretazione proprio dell’art. 36, ribadendo, a pag. 7, che dall’ambito di applicazione della norma era escluso il lavoro autonomo. Recita la circolare: “innazitutto l’articolo 36 disciplina storicamente le forme di lavoro flessibile che hanno comunque alla base un rapporto di lavoro subordinato, come confermato anche dalla sua collocazione nell’ambito di un Capo che è dedicato, tra le altre materie, all’accesso e al fabbisogno di personale. Si può parlare di accesso solo nel caso in cui si intende procedere ad assunzione, concetto in stretta antitesi con il modello tipico di lavoro autonomo. Data lanatura di contratto esterno che caratterizza il lavoro autonomo il legislatore ha previsto per lo stesso una separata collocazione nell’ambito dell’articolo 7 comma 6 e seguenti dello stesso D.lgs 165 che contempla le varie forme in cui esso può esprimersi che comprendono il conferimento di incarichi di natura occasionale o coordinata e continuativa”.
Come noto, il DL 112/08 ha modificato nuovamente l’art. del 36 del D.lgs 165/01, sostituendo il limite dei 3 mesi e della stagionalità con quello del triennio su cinque anni. Posto che per il calcolo del triennio si deve andare a ritroso rispetto alla data di attivazione dell’ultimo contratto, nel parere si dice chiaramente che nel computo rientrerebbero anche i contratti di lavoro autonomo.
E’ evidente la contraddizione con le precedenti interpretazioni che, invece, escludevano chiaramente le prestazioni d’opera e i contratti di collaborazione dalla disciplina limitativa dell’articolo 36 D.lgs 165/2001.
Lo stesso parere puntualizza poi che il limite non vale per i contratti che sono attivati sulla base procedureconcorsuali diverse. Quindi un nuovo concorso per un nuovo contratto anche a termine consente di derogare al limite dei 3 anni. Sarebbe infatti troppo anche per la funzione pubblica contraddire la costituzione quindi, recita il parere, “ la valenza della partecipazione ad un nuovo concorso pubblico, in coerenza con quanto previsto dagli articoli 51 e 97 della Costituzione prevale rispetto al limite temporale del triennio che può essere superato solo in questa circostanza”.
Noi da sempre sosteniamo la necessità di contenere al massimo il ricorso a tipologie contrattuali flessibili, che negli anni si è trasformato in veri e propri abusi che hanno condannato alla precarietà migliaia di persone ele stesse amministrazioni. Ma la strategia del contenimento funziona solo se contestualmente si stabilizzano i precari che nel frattempo si sono creati. Diversamente, il contenimento senza stabilizzazione si trasforma in licenziamenti di massa, perdita di preziose competenze ed impossibilità per le amministrazioni di continuare ad operare oppure, se va bene, in una condanna a vita alla precarietà per le persone e per le stesse strutture in cui operano.
Più che pareri tecnicamente motivati, le interpretazioni del Dipartimento paiono rispondere agli interessi politici della maggioranza, negandoin tal modo l’attendibilità giuridico/formaledei pareri stessi.
Noi respingiamo tali gravi ed inaccettabili decisioni e continueremo a batterci per rivendicare il riconoscimento del sacrosanto diritto ad un lavoro stabile e dignitoso.
Roma, 8 settembre 2008