La titolare dell’Istruzione: sulla scuola 30 anni di politica irresponsabile. Gelmini: “Mi dispiace per i 200 mila precari ma il loro futuro non dipende da me”.
Mario Reggio, la Repubblica 8.9.2008
ROMA – Se non è una vera dichiarazione di guerra ci siamo vicini. Ieri, a Cernobbio, Mariastella Gelmini, da pochi mesi ministro della Pubblica Istruzione, ha lanciato un messaggio chiaro ai sindacati: «Per la scuola è finita un’epoca, non sarà più un ammortizzatore sociale se lo mettano in testa tutti, sindacati compresi se non vogliono risultare impopolari al Paese. Basta melina».
Anche se la Gelmini sa che Cgil, Cisl e Uil stanno affilando le armi contro gli 8 miliardi di tagli nei prossimi tre anni e la cancellazione di 110 mila insegnanti e 40 mila non docenti, ha deciso la linea dura. Ma si troverà di fronte anche i Cobas, che nella storia della scuola hanno spesso trainato la protesta. «Nella scuola c’è troppa ideologia, negli ultimi 30 anni la politica si è comportata in maniera irresponsabile, per troppi anni sindacati e governi compiacenti hanno ribaltato la missione della scuola – continua Mariastella Gelmini – che è fatta per gli studenti e non per pagare una cifra spropositata di stipendi che sono pure da fame, così come gli ospedali non sono fatti per pagare i medici ma per i malati». Passi per Luigi Berlinguer e Giuseppe Fioroni, ma chissà come reagirà Letizia Moratti.
L’atteggiamento è quello di una donna decisa, che non ha paura dei moti di piazza, perché è convinta che l’opinione pubblica sia dalla sua parte. Ma il tour de force al quale si è sottoposta comincia a far affiorare segni di stanchezza. Ogni tanto si toglie gli occhiali e si stropiccia gli occhi. Ma è giovane e a 35 anni le energie si recuperano in fretta.
Eppure il mondo della scuola è molto complesso, difficile da capire, e le riforme fatte dai “ragionieri” hanno il fiato corto, se non altro perché comprende un milione e trecentomila esseri umani, senza contare i quasi 200 mila precari che dovranno cercarsi un altro lavoro. «È un problema molto grave, ma è anche il frutto delle cattive politiche dei decenni passati – risponde Mariastella Gelmini – non dipende certo da me. Dovremo sforzarci di trovare nuove figure professionali dove inserirli».
Passano le ore e lo scontro frontale s’avvicina. Da domani, piano piano, riapriranno le aule, più di 7 milioni di studenti vivranno per la prima volta o proseguiranno un’esperienza storica e irripetibile nella vita: i professori, i libri, le paure, le interrogazioni, la noia, le gioie e le passioni della giovinezza. Scarse le speranze per il futuro. E che scuola troveranno? Una scuola nervosa, insegnanti pronti a spiegare ai giovani quanto le novità che si avvicinano saranno un vero tsunami.
Il ministro della Pubblica Istruzione sembra tranquilla: «L’opinione pubblica è con me, la politica irresponsabile del passato ha rubato il futuro ai giovani della mia generazione, ma sui cittadini italiani del 2020 non si deve scherzare. Il loro destino non può essere oggetto di bassa speculazione politica».
Ma è davvero così tranquilla? La storia racconta come Luigi Berlinguer, quando s’inventò la valutazione degli insegnanti, venne sonoramente sconfitto dalla piazza e questo gli costò caro. Letizia Moratti restò 5 anni, ma la dura opposizione di docenti e studenti sconfisse il suo progetto.
E poi, perché tutta questa fretta di mettere in campo misure così drastiche e traumatiche? «La scuola italiana è al collasso, anche io pensavo che si potesse intervenire con gradualità – risponde – invece non è possibile. È indispensabile agire subito. Le parole che si levano contro di me e il ministro Tremonti sono di chi vuole che nulla cambi e che la scuola rimanga un luogo che scontenta professori e studenti». da aetnanet