Professionalità docente
Da qualche tempo, come l’approssimarsi di una tempesta, si parla insistentemente di scuola e quindi di insegnanti. Relativamente a questa figura si sta argomentando e disquisendo a non finire attorno alla locuzione “professionalità docente”. Contemporaneamente si parla di razionalizzazione delle spese, di tagli del personale, di aumento degli alunni per classe, di ampliamento delle discipline nelle classi di concorso, ecc. ecc. ma tutti, sia la classe politica che quella sindacale che la classe dei mass media pare abbiano dimenticato un vocabolo: “scelta”.
Nella scuola ci sono moltissimi insegnanti che fanno dell’insegnamento la seconda, se non la terza, professione: architetti, avvocati, ingegneri, commercialisti, sportivi, medici, ragionieri ecc. ecc. considerano il lavoro scolastico un riempitivo della professione dominante.
Senza entrare nei particolari, che tutti possiamo immaginare, mi chiedo:
∑ quanto può interessare ad un professionista l’ora d’insegnamento se in quella ora ha mille altre cose da fare, da pensare, o da risolvere?;
∑ quale impegno può assumere, quel professionista, nei confronti della funzione docente se quella funzione è di intralcio al lavoro professionale? (Alcuni casi eclatanti li ricordiamo tutti).
Dualmente
∑ Quelle ore di mancata attività didattica (in ogni modo retribuite come tali) quanto peso hanno nella preparazione degli studenti?;
∑ quale rapporto educativo, didattico e formativo costruttivo si può instaurare tra questi insegnanti che stanno in classe (quando ci stanno) solo fisicamente mentre con la mente stanno altrove?;
∑ quale esempio positivo possono essere se è vero, come è vero, che si educa, anzitutto, con il comportamento?
Ho notato, per questo, che tra i diversi provvedimenti dei quali si discute ne manca, a mio parere, uno fondamentale: quella della “scelta”.
Se professionista vuol dire:
colui “. . . che viene retribuito per le proprie prestazioni e non si dedica ad altra attività” (Dizionario della lingua italiana – De Agostini),
“. . . colui che esercita la propria scienza e ne ricava autorità, si manifesta e dichiara tale, e tale viene percepito” (Wikipedia, voce professionista),
considerando la tempesta che sta attraversando la scuola, vorrei chiedere ai diversi ministri coinvolti ed ai sindacati di non parlare di tagli ma di scelte predisponendo una normativa che riconoscendo e valorizzando la “professionalità docente” escluda la possibilità della doppia (o forse tripla) professione a chi è, e si dichiara professionista in altri campi.
Se è vero che a tutti sta a cuore le sorti della scuola pubblica, io penso che così facendo si libereranno moltissime cattedre che potranno essere assegnate ai “professionisti” della didattica con un sicuro miglioramento nella preparazione degli studenti.
Questa si che sarebbe vera razionalizzazione perché:
“Nessuno può servire due padroni: o odierà l’uno e amerà l’altro oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro” (Matteo 6,24).
Forse il recupero di qualche posizione nelle diverse classifiche internazionali passa anche da queste scelte.
Elio Fragassi