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Maestro unico soluzione per una scuola più povera

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(dal sito della Flc Cgil) Alle dichiarazioni – poi smentite – di Mariastella Gelmini sui docenti del Sud che abbassano la qualità della scuola italiana si aggiungono quelle dell’ultima ora che esplicitano la volontà del Ministro di introdurre la figura del maestro unico nella scuola primaria. Le prime hanno suscitato un vespaio di polemiche, in quanto imprudenti e lesive della dignità professionale di un’intera classe docente che, da sempre,

sconta l’assenza di concrete politiche di investimento nella scuola pubblica. Le nostre scuole, tutte indistintamente da nord a sud, meritano, invece, ben altra attenzione per quel che esse rappresentano - con Università, Ricerca ed Alta Formazione Artistico Musicale - per lo sviluppo dell’intero sistema paese. Quest’ultime segnano, invece, una frattura con quanti ragionevolmente sostengono: 
che la capacità politica di cogliere e governare i mutamenti derivanti dai sempre più complessi processi di globalizzazione sia tutta in uno al riconoscimento del ruolo centrale della conoscenza; 
che la scuola pubblica debba essere intesa come luogo dell’aggregazione, dell’incontro delle culture, della produzione di un pensiero planetario che superi gli egoismi legati ad una anacronistica visione del territorio come trincea oltre la quale respingere il diverso che fa paura; 
che la scuola pubblica di qualità debba muovere nella direzione di rendere fruibili i diritti, in primis quello di cittadinanza che la costituzione repubblicana riconosce come collante, cemento della democrazia. 
In tanti si sono esercitati a definire le prime dichiarazioni del Ministro come una semplice “caduta di stile”, un’imprudenza non voluta e nemmeno sollecitata. Purtroppo no! Dai primi atti del governo si è subito misurato il peso della devastazione nei comparti della conoscenza: tagli indiscriminati agli organici, revisione dello stato giuridico e del reclutamento dei docenti, introduzione della figura del maestro unico nella scuola primaria, privatizzazione delle Università, invasioni di campo nelle materie della contrattazione. 

 

E’ subito parso evidente che una scuola pubblica di qualità non è nei progetti di questo Governo. Quanti i tagli nel prossimo triennio già di fatto predeterminati con la manovra d’estate: centomila, centotrentamila o di più con l’introduzione della figura del maestro unico? 

 

E come dare in pasto all’opinione pubblica la scuola da (contro)riformare? Giù duro contro i docenti del sud che “necessitano di corsi intensivi” e, poi, provvedimenti d’urgenza (voto di condotta ecc.) che non affrontano i problemi della scuola reale. Dopo la campagna contro i “dipendenti pubblici fannulloni”, c’era da aspettarselo. Ritocchi di facciata per coprire ad arte il disegno complessivo di privatizzare i servizi pubblici come sanità, scuola, università. 

 

Ma chi pensava di sparare sulla croce rossa (scuole chiuse per la pausa estiva) ha fatto male i suoi conti. I docenti “non ci stanno”: numerose, infatti, in questi giorni (ed in queste ore in conseguenza del decreto approvato oggi in Consiglio dei Ministri) le proteste pervenute. 

 

I docenti non sono per niente disposti a pagare un “prezzo non dovuto” per scelte inopportune e, per di più, non condivise. I tagli indiscriminati agli organici renderanno molto difficoltosa l’azione didattico-educativa; inevitabili le ricadute negative soprattutto in danno degli alunni in situazione di svantaggio, in conseguenza del sovraffollamento delle classi e della diminuzione (in qualche caso l’azzeramento) degli interventi integrativi a sostegno della loro crescita culturale e sociale. Con la cura del governo rischia di essere definitivamente cancellato il ruolo centrale che la formazione pubblica deve avere: offrire a tutti pari opportunità indipendentemente dalla provenienza socio-economica. 

 

I numeri (tagli) spiegano di quanto si sia impoverita la nostra scuola; nei prossimi giorni ci diranno, invece, quanti saranno i docenti precari “privati del diritto al lavoro” per meri calcoli di natura ragionieristica. E quanti amministrativi, tecnici, ausiliari. Dietro questi numeri, infatti, ci sono centinaia e centinaia di lavoratori precari, padri e madri di famiglia, ai quali il Governo dà il benservito, nonostante il Parlamento, con leggi finanziarie del 2007 e 2008, ne avesse deciso la stabilizzazione (150.000 docenti e 30.000 ATA in un triennio). 
 (…)

 

Il Segretario Generale Provinciale

Angelo Capezzuto

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