Fioroni, Berlinguer e De Mauro puntano il dito contro la linea dell’attuale Ministro. I motivi? In successione scarsa opposizione al federalismo, ripristino del voto di condotta e del maestro unico, ma anche le dichiarazioni poco felici su contrapposizione Nord-Sud.
Tanto dissenso: è quello che giunge dagli ultimi ex ministri del centro-sinistra nei riguardi delle scelte fatte dal ministro del Miur, Mariastella Gelmini, nei primi centoventi giorni di Governo. All’indomani dell’approvazione del dl n. 121 e dell’ok da parte del Consiglio dei Ministri per il ritorno al voto di condotta e al maestro unico, Fioroni, Berlinguer e De Mauro si sono lasciati andare a commenti decisamente negativi. Sotto accusa non c’è solo la linea politica intrapresa dall’attuale responsabile dell’Istruzione, incentrata su forti tagli al comparto e al ritorno ad una scuola modello pre-Sessantotto: agli ex ministri non è piaciuto l’atteggiamento poco combattivo con cui la Gelmini ha trattato l’istruzione in sede di Governo e alcune sue già discusse affermazioni.
Il giudizio più severo è giunto sicuramente dall’ultimo inquilino del palazzo più importante di viale Trastevere, prima appunto dell’approdo della Gelmini che ha puntato il dito sul federalismo su cui la Lega sta spingendo senza trovare più forti ostacoli:senza voler entrare nel merito dei provvedimenti presi dal Governo su indicazione del Ministero dell’Istruzione, Giuseppe Fioroni è preoccupato per la mancata opposizione del Ministero “ad una riforma federalista che rischia di smantellare il diritto all’istruzione: a 60 anni dalla Costituzione – ha detto Fioroni – si ritorna ad una scuola che ciascuno può avere a seconda di dove nasce, e dei soldi che ha in tasca. Quando Tremonti dice ‘miglioreremo rapidamente gli apprendimenti’, credo che in realtà pensi a questo. Io vedo lo spettro di uno smantellamento del diritto all’istruzione”.
Le critiche di Fioroni non sono a tutto campo: non ha nulla da dire, ad esempio, sul ritorno al voto in condotta o all’obbligo del grembiule alla primaria: “Quel che mi preoccupa – ha sottolineato l’ex ministro – è la sensazione di una strategia della distrazione, che apre un dibattito rispetto alla scuola pubblica italiana e nasconde il tema più preoccupante. Da un lato, i tagli che mettono a repentaglio la presenza delle scuole nei comuni più piccoli, nei comuni montani; dall’altro, questa attenzione pervicace alla quota capitaria come applicazione del federalismo nell’istruzione. Realizzare il federalismo in Italia significa avere risorse aggiuntive da mettere in campo subito per consentire, ad esempio, ai nostri ragazzi del Sud di essere protagonisti avendo strutture essenziali uguali a quelle del Nord”. Secondo l’ex ministro, invece, “con la quota capitaria di x euro forse si può avere una scuola di qualità al centro di una grande metropoli, ma non si può avere nelle zone disagiate – ha concluso – non la può avere il diversamente abile o il figlio dell’immigrato”.
Punta il dito, invece, sul ripristino del voto di condotta Luigi Berlinguer, oggi Presidente dei comitati del Miur per la diffusione della musica e della cultura scientifica e tecnologica nelle scuole superiori, da sempre sostenitore di una didattica incentrata più sul dialogo che sulla coercizione: “si educa con le sanzioni, che hanno funzione deterrente, ma queste da sole non bastano –ha detto Berlinguer, dal ’96 al 2000 a capo dell’Istruzione – perché i ragazzi rispettano le regole, anche severe, se le sentono proprie: è difficile imporle con la verga”.
La linea dura secondo Berlinguer non porterà lontano: “istruzione ed educazione sono due facce della stessa medaglia – sostiene l’ex Ministro – è fondamentale capire che rigore e coinvolgimento devono andare di pari passo. Preferisco le sanzioni alternative, che non sono lassismo, ma punizione efficace ed condivisa”.
A Berlinguer non piace nemmeno il maestro unico alle elementari: “Una scuola che ha un’offerta didattica monocorde è antica, non si può tornare al passato. Questo provvedimento – conclude – ha tutta l’aria di servire a tagliare posti di lavoro”.
Tullio De Mauro, docente universitario di Linguistica generale, ha invece puntato il dito contro il divario tra nord e sud sui banchi di scuola sollevato dal ministro in carica: l’ex ministro del Governo Amato nel 2000-2001, ha spiegato che “la contrapposizione segue un’uscita poco felice del ministro, peraltro subito rettificata. Ma non mi pare di veder delinearsi alternative che mettano l’istruzione al centro dello sviluppo della società italiana”. Quello che manca all’attuale governo, come del resto anche a quelli che lo hanno preceduto, è infatti “un sistema di istruzione permanente degli adulti” e la “diffusione delle biblioteche e di centri di lettura”.
Una buona politica, che il linguista non intravede nelle strategie della Gelmini, sarebbe quella di risollevare la scuola superiore: “salvo sperimentazioni e tentativi è rimasta ferma alla riforma Gentile”, ha sottolineato De Mauro.
“Magari fosse di due anni il ritardo che separa il Sud dal Nord nell’istruzione: in realtà e’ un ritardo epocale. Accumulato grazie a un’intera classe politica. Al sud le famiglie riescono a seguire il cammino dei figli fino alle elementari. Poi vanno in tilt. Nessuna riforma è masi stata realizzata, anche se nell’opinione pubblica si è fissata l’idea che riforme ne siano state fatte a decine”.