fbpx

Alitalia, la paghiamo noi. Al governo basta che sia italiana

1670

A Berlusconi basta il nome. Basta che Alitalia resti «nelle mani degli italiani», non importano i settemila esuberi e i debiti della compagnia che restano sulle spalle dei contribuenti. Per lui, il salvataggio è fatto. Come per l’emergenza rifiuti a Napoli. «Non è nazionalismo fuori moda – ha voluto sottolineare Berlusconi – ma è indispensabile se si vuole che i turisti vengano in Italia piuttosto che in altri paesi del mondo; è indispensabile se si vuole che i nostri imprenditori e manager vadano all’estero senza essere penalizzati in termini di tempo e denaro». La nuova Alitalia parte, ma la vecchia viene rottamata alla faccia del mercato, in barba ai tanti creditori e alle norme antitrust, visto che il commissario potrà vendere le parti attive con trattative private.

La good company Gli imprenditori che compongono la cordata messa insieme da Intesa San Paolo e che incorporerà Air One l’avevano detto subito: noi entriamo, ma non vogliamo accollarci i debiti della vecchia Alitalia. È così cje la parte sana dell’azienda diventa la Newco, la società Compagnia Aerea Italiana, con a capo Roberto Colaninno, che investirà complessivamente 150 milioni di euro per il rilancio della compagnia. A Colaninno, presidente operativo della società, è stato conferito ogni più ampio potere per «negoziare termini, condizioni e modalità dell’operazione». Una quota di minoranza della nuova società potrebbe essere acquisita addirittura da Air France-Klm, la compagnia con cui sfumò la trattativa mesi fa: un portavoce del vettore franco-olandese ha fatto sapere che l’azienda è «pronta a rilevare una partecipazione di minoranza sul capitale, al fianco degli investitori riuniti dalla Banca Intesa SanPaolo».

La bad company Il commissario della vecchia società (bad company) sarà invece Augusto Fantozzi, che «si assumerà questo grave, difficile ma non impossibile compito», come spiegato dal ministro per la Funzione pubblica, Renato Brunetta. Avvocato tributarista e docente di diritto tributario, ed ex ministro nei governi Dini (1995) e Prodi (1996), Fantozzi, 68 anni, dovrebbe quindi trovarsi a gestire lo spacchettamento degli asset da conferire alla «nuova Alitalia» (che nascerà integrando le attività operative di Alitalia con la compagnia Air One, in una nuova società creata da una cordata di imprenditori italiani) e la difficile gestione dei debiti e degli esuberi che resteranno sulle spalle della società commissariata, che poi dovrà essere liquidata. È lo stesso Brunetta a non gridare vittoria: «È iniziata una fase operativa – ha spiegato – si sono palesati i 16 capitani più o meno coraggiosi con il relativo capitale, si è ragionato anche di partnership internazionali, ma la compagnia sarà italiana con capitale fresco, interessata a partnership e questo la dice lunga sul diverso sistema di approccio. Prima si svendeva ad unico acquirente e si svendeva la compagnia di bandiera, oggi si risana la compagnia di bandiera, la si dota di capitale fresco e di management privato interessato; si cercano e si troveranno partnership internazionali».

Gli esuberi I numeri non li fa nessuno. E il silenzio fa presagire che saranno proprio quei settemila lavoratori di troppo di cui si era parlato nelle anticipazioni. Berlusconi si limita a chiamarli «sacrifici» e assicura che «il personale in eccedenza non sarà abbandonato». Il ministro delle Infrastrutture Matteoli aveva ventilato la possibilità che gli esuberi in Alitalia fossero assorbiti dalla Pubblica amministrazione, ma Brunetta ha già fatto capire che la pensa molto diversamente. «È assolutamente esclusa ogni forma di riassorbimento degli esuberi Alitalia nella pubblica amministrazione o nelle Poste – ha detto – Non esiste alcuna forma di ammortizzazione sociale attraverso passaggi nella pubblica amministrazione o in aziende assimilabili come le Poste».

Gli hub Oltre a ridurre la flotta e ad aumentare l’orario lavorativo dei dipendenti che sopravvivranno alla bufera, nella NewCo spariscono anche gli hub: ci saranno solo sei aeroporti principali (Milano, Torino, Venezia, Roma, Napoli e Catania). E ora Berlusconi viene tirato per la giacca da due suoi uomini che temono disgrazie. Formigoni e Alemanno stanno già alzando le barricate perché né Malpensa né Fiumicino vengano ridimensionate. Il presidente della Lombardia: «Per una valutazione complessiva – dice Formigoni a proposito dell’operazione – occorre attendere il piano industriale e in particolare vedere se la nuova Alitalia, come mi attendo, ripudia gli errori della vecchia e quindi decide di ripartire proprio dalla Lombardia». Il sindaco di Roma: «Chiedo al Governo – si preoccupa Alemanno – un incontro immediato che coinvolga tutti gli altri Enti locali del nostro territorio per valutare l’impatto che il nuovo piano di ristrutturazione di Alitalia avrà sulla città di Roma».

Una compagnia di bandierina Una soluzione «confusa che non fa gli interessi del Paese» e che trasforma l’Alitalia in una «compagnia di bandierina»: questa l’opinione di Walter Veltroni, commentando le decisioni del Consiglio dei ministri e le prospettive del’azienda. «La vicenda Alitalia – sostiene il segretario del Pd – è lo specchio fedele di come il governo Berlusconi sia vittima della sua demagogia e della sua inadeguatezza. Il Partito democratico auspica ovviamente che da questa situazione si possa venir fuori con il minor impatto possibile sui livelli occupazionali ma non può e non deve far passare in secondo piano il suo dovere di dire chiaramente e con forza che quella prescelta dal governo rappresenta una soluzione pasticciata, confusa, pericolosa e che non persegue affatto l’interesse del nostro Paese». «Sono mesi – ricorda Veltroni – che il Pd lancia l’allarme sull’inqualificabile prospettiva di scaricare le perdite della compagnia sui contribuenti italiani, sugli azionisti e obbligazionisti della società, sui lavoratori dell’azienda e sulle loro famiglie. In questi giorni i più autorevoli commentatori economici italiani hanno ripreso queste osservazioni sollevando anche altri pesanti interrogativi, riguardo ad esempio; l’approvazione europea di questo piano. Sono tutti dubbi molto gravi e fondati che il governo ha il dovere di chiarire immediatamente nelle sedi parlamentari e che fanno ancor di più rimpiangere l’incredibile occasione perduta mesi fa quando la destra respinse scelleratamente, per miopi calcoli elettorali, l’accordo di fatto già raggiunto con Air France». «Rispetto a quelle prospettive, Alitalia e i cittadini italiani si trovano oggi davanti un futuro peggiore sotto tutti i punti di vista. E, alla faccia della tanto decantata difesa dell’italianità, il piano presentato ci consegna una compagnia di bandiera che di fatto diventa di “bandierina”, con un inaccettabile ridimensionamento della capacità di espansione internazionale. Non era davvero questa – sottolinea – la nuova Alitalia che si sarebbe dovuta far nascere». «Le responsabilità del centrodestra sono state in questa vicenda enormi. Al di là degli escamotage comunicativi del governo, nessuno – conclude – potrà cancellare questa verità». Durissimo anche il commento del ministro ombra all’economia Pierluigi Bersani secondo il quale «sarà una compagnia più piccola, più domestica che dovrà cercare alleanze con Airfrance in condizioni meno favorevoli per noi, per i lavoratori, i consumatori e i risparmiatori».  da l’Unità.it


Pubblicato il: 28.08.08
Modificato il: 29.08.08 alle ore 15.47

In questo articolo