20.8.2008-Nessun riconoscimento delle attenuanti per il diritto di critica e nessuna assoluzione in nome della libertà di manifestare il proprio pensiero a chi esprime il dissenso a colpi di sputi, specie se a farne le spese é la preside di un istituto scolastico bersagliata di saliva da un ‘prof’ nel bel mezzo di una riunione di docenti. Lo sottolinea la Cassazione che ha condannato per ingiuria aggravata un professore di 52 anni, Antonino R., che per tre volte aveva sputato sulla preside Adriana B., ‘capo’ dell’istituto professionale ‘Medi’ di Palermo durante un incontro tra insegnanti programmato per fare il punto su un corso di aggiornamento affidato allo stesso ‘prof’ sputacchione. Proprio mentre la preside diceva ad Antonino “caro professore forse lei non conosce la differenza tra fare e sperimentare!”, il ‘prof’ si è scatenato contro di lei con una vera e propria tempesta di saliva che non si è fermata nemmeno quando i colleghi presenti gli hanno intimato di smetterla. “La sto profumando!” è stata la risposta dell’insegnante inviperito con la preside che, a suo dire, aveva degli atteggiamenti vessatori nei suoi confronti e si intrometteva nel suo corso di recupero.
Senza successo il docente ha fatto ricorso in Cassazione contro il verdetto di condanna – l’entità non è riportata in sentenza – emesso dalla Corte di Appello di Palermo il due maggio 2007. La tesi per cui gli sputi dovevano essere considerati una legittima forma di dissenso non ha fatto breccia tra gli ‘ernellini’ e nemmeno la richiesta di riaprire le indagini per verificare “direzione ed efficacia dello sputo”. I magistrati di Piazza Cavour – sentenza 333 44 – hanno infatti risposto al ‘prof’ che “irrilevante è se lo sputo avesse o meno attinto la preside ed anche se la difficoltosa salivazione del professore, dovuta alla foga nella discussione, ne avesse reso l’esecuzione più problematica: resta il fatto che sputi vi erano stati ed erano stati indirizzati alla preside mentre il professore diceva ‘la sto profumando’, togliendo ogni dubbio su possibili qualificazioni alternative del proprio gesto”. Quanto alla possibilità di esercitare il diritto di critica a suon di sputazzi, i supremi giudici escludono che il dissenso si possa esprimere con “tali modalità ” che sono “chiara espressione di volgare disprezzo”. Antonino, adesso, deve anche risarcire economicamente i danni morali patiti dalla preside per via del suo comportamento poco ortodosso e senza scusanti (l’entità della cifra liquidata non è nota). ansa