È fondata e deve trovare accoglimento la domanda del libero professionista che chiede la liquidazione dell’indennità a seguito della nascita di un figlio, in paritaria alternativa rispetto alla madre.
Il Tribunale di Firenze, in veste di giudice del lavoro, ha accolto il ricorso di un avvocato contro la decisione con cui la Cassa forense aveva respinto la richiesta dell’iscritto di vedersi riconosciuta l’indennità di maternità prevista per i liberi professionisti dall’articolo 70 del decreto legislativo 151/01, avendo la madre, anch’essa libera professionista, rinunciato a chiederla (si veda «Il Sole 24 Ore» di ieri). Il ricorrente ha supportato la richiesta con la sentenza 385/05 della Corte costituzionale che, ribadendo quanto già affermato nel 1993 con la decisione 179, riafferma, in tema di affidamento preadottivo, che gli istituti nati a salvaguardia della donna sono ora intesi al preminente interesse del bambino che necessita non solo di cure prettamente fisiologiche ma anche di attenzioni di carattere relazionale e affettivo, collegate allo sviluppo della sua personalità.
Secondo la Cassa forense, invece, la sentenza 385/05 è da qualificare come «additiva al principio», pertanto senza immediata efficacia precettiva. Sarebbe necessario l’intervento del legislatore, in assenza del quale permane il dettato dell’articolo 70 del decreto legislativo 151/01, riferito esclusivamente alle libere professioniste.
Il giudice del lavoro ha osservato che l’articolo 70 si colloca in un quadro normativo italiano e comunitario, nonché in un ambito interpretativo della Corte costituzionale, che tende a superare la tradizionale prospettiva di tutela della maternità intesa come prerogativa esclusiva della donna, privilegiando una lettura più aderente all’evoluzione sociale che chiama entrambi i genitori paritariamente alla cura del figlio nei suoi primi mesi di vita. Ne consegue, secondo la sentenza di Firenze, che non è necessario rinviare la norma contestata al vaglio della Corte Costituzionale, essendo sufficiente interpretarla conformemente a quanto già sancito dalla stessa Corte. È vero che la sentenza 385/05 è riferita all’affidamento preadottivo del minore e non alla filiazione biologica; tuttavia, quella sentenza dichiara l’illegittimità costituzionale degli articoli 70 e 72 del decreto legislativo 151/01, nella parte in cui non prevedono che al padre spetti di percepire l’indennità di maternità in alternativa alla madre, attribuita dalla normativa solo a quest’ultima. Di alternatività si tratterebbe dunque, che consentirebbe al padre di fruire dell’indennità quando la madre vi rinunci. Va sottolineato che l’indennità di maternità per le libere professioniste prescinde dall’effettiva astensione dal lavoro.
Oltre che il diritto all’indennità di maternità, al ricorrente è stato riconosciuto anche il diritto a interessi e rivalutazione. La Cassa forense aveva invece chiesto, in caso di soccombenza, che non si applicasse il cumulo fra queste due voci, richiamando l’applicazione dell’articolo 16, sesto comma della legge 412/91.
Il testo della sentenza del Tribunale di Firenze
da il sole24Ore