di Furio De Felice Roma – Per il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini, forse queste non saranno le vacanze più spensierate della sua vita. La cura da cavallo, infatti, che Tremonti si appresta a varare per la scuola prevede un taglio alle spese pari a 3,2 miliardi previsti dalla finanziaria triennale, che si aggiungono a quell’1,4 miliardi già introdotti dall’ultima finanziaria ereditata da Padoa Schioppa.
Una vera e propria scure di 4,6 miliardi di risorse in meno, per la cui applicazione lo stesso superministro dell’economia ha deciso di affiancare alla giovane ministra un comitato di verifica tecnico-finanziaria, con il compito di vagliare le compatibilità di sistema e, soprattutto, la diminuzione delle spese.
Ma certo, per un comparto come quello della scuola, dove da sempre si auspicano maggiori investimenti per accrescerne l’efficienza e la produttività, un taglio di questa portata vuol dire solamente l’abbandono definitivo di qualsiasi ipotesi di riforma. Già i “famigerati” corsi di recupero, che dovrebbero sanare le lacune degli studenti rimandati, potrebbero subire un drastico ridimensionamento rispetto alla già scarsissima dotazione attuale. Il 97% delle spese dell’Istruzione, infatti, sono “incomprimibili”, perché finanziano gli stipendi del personale e non possono dunque essere ridotte: si tratta di 42 miliardi. Il risparmio dovrebbe concentrarsi sui fondi destinati all’autonomia scolastica, dove trovano posto appunto quelli destinati all’organizzazione dei corsi di recupero, che già quest’anno hanno incontrato notevoli difficoltà per la limitatezza delle risorse, tanto che in alcuni istituti non si è riusciti ad approntarli.
Ma non è tutto. Il governo vuole ridurre il numero delle scuole, con un piano di accorpamenti. Meno scuole vuol dire meno presidi, meno impiegati e meno insegnanti, con una razionalizzazione complessiva dell’organizzazione scolastica. La scuola che scende sotto i 600 alunni iscritti sarebbe accorpata, senza possibilità di deroghe, come prevede attualmente la legge.
Le cifre indicative per ora fornite dicono che potrebbero essere chiuse circa 1.600 istituti, situati soprattutto nei piccoli comuni montani. Ciò determinerebbe il taglio di 87 mila cattedre, tramite un accorpamento anche delle materie di insegnamento per i docenti. Come quest’ultima ipotesi possa avverarsi senza incidere pesantemente e in modo negativo sulla qualità dell’insegnamento non è dato sapere, visto che, nei piani dell’Esecutivo, vi è anche la possibilità che un docente di italiano e storia, ad esempio, sia chiamato a impartire lezioni di latino e greco, senza avere la dovuta abilitazione. Il governo punta, in questo modo, ad eliminare quegli “spezzoni” di materie disciplinari che determinano la proliferazione delle cattedre, ma non sembra preoccuparsi troppo delle specializzazioni.
Un altro taglio dovrebbe riguardare il monte ore settimanale di lezioni, soprattutto negli istituti tecnici, anche in questo con una evidente diminuzione dell’offerta formativa e del sapere complessivo prodotto dal sistema dell’istruzione pubblica. Si inciderebbe anche sul numero totale degli indirizzi, che ora sono ben 912 (collocati soprattutto nel settore dell’istruzione professionale).
Insomma la scuola tremontiana si presenterà, alla fine della cura da cavallo, cioè nel 2011, molto dimagrita. Con la speranza che, nel frattempo, non deceda
da http://www.dazebao.org