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“O ti licenzi, o salti l’esame”

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 Un professore di Torino a un’allieva: “Non voglio studenti lavoratori” di GIULIA VOLATORINO
Problema numero uno: studiare e dare gli esami; problema numero due: lavorare e mantenersi; problema numero tre: al Politecnico di Torino studiare e lavorare «sono quasi completamente incompatibili». O almeno questo pensa un professore e questo ha scritto il Garante per gli studenti a Eleonora Ferrarese, 24 anni, universitaria e lavoratrice, al terzo anno di Ingegneria delle Telecomunicazioni.

Risultato: «Signorina, è inutile che si presenti all’appello, sprecherebbe solo del tempo». Parola di accademico. Guida dello Studente alla mano, la frequenza sarebbe obbligatoria, con le modalità concordate tra studente e professore. Il fatto è che Eleonora ha già dato 36 esami, gliene mancano quattro e ha già pronto il titolo della tesi.

L’odissea inizia il primo aprile e assomiglia a un «pesce». Quattro mesi dopo lo scherzo non è finito, gli appelli quasi. «Il punto è – spiega -, che il professore non ha voluto darmi il materiale per studiare». Prende fiato, ordina i pensieri, riparte: «Lavoro a tempo pieno, spesso fuori città, non posso seguire le lezioni. Quindi gli ho scritto una e-mail prima che iniziasse il suo corso chiedendogli il programma e se fosse necessario frequentare, come ho sempre fatto. Un mese e mezzo dopo mi ha risposto che avrebbe inserito dei documenti online, ma che le lezioni erano importanti. Come se non lo sapessi, ma io ho bisogno di lavorare». Si ferma, incrocia le braccia, si mordicchia il labbro, è spaventata ma anche stanca. «Mi ha rovinato la vita. Dicevo, ho creduto alla sua buona fede. E ho aspettato».

Nel frattempo ha dato un altro esame e lavorato per l’agenzia di moda che le dà uno stipendio. Il 6 giugno ha fissato un incontro con il professore: «La prima domanda è stata sul mio lavoro e alla mia risposta ha storto il naso. Mi ha detto che visto che non avevo seguito le lezioni, di fatto avevo scelto tra studio e lavoro e non potevo pretendere di sostenere l’esame come i frequentanti. Peccato che la frequenza qui non la attesti nessuno». Non pago, il professore le suggerisce «caldamente» di non presentarsi agli appelli del 30 giugno e del 18 luglio «poiché del tutto inutile, secondo il docente non avrei avuto le basi per sostenerlo». Al primo ha rinunciato, al secondo è andata con tanto di statino in mano: «Se avesse avuto ragione, il Politecnico non me lo avrebbe stampato». Uscita dall’aula credeva di aver messo un punto «e invece il professore mi ha detto che avrei dovuto sostenere anche un orale». Arrivata a casa, stessa solfa: scrive al professore, gli chiede il programma, riceve il silenzio. Mentre parla sfoglia il dossier che ha preparato, infilando una dopo l’altra le e-mail al Garante degli studenti, al preside di Facoltà e al suo rappresentante legale. Alza lo sguardo, ricomincia: «Non volevo arrivare fin qui, ma non è giusto. Io ho diritto a studiare. E mi viene bene: ho preso 30 di Fisica e 29 di Analisi Matematica».

Il nodo si stringe quando il professore, su «ordine» del Preside, indica a Eleonora una serie di siti per prepararsi: «Peccato che mi abbia segnalato il Centro Nazionale per l’Informatica nella pubblica amministrazione e il Garante per la Privacy, l’universo mondo, milioni di dati, casi specifici. Gli ho chiesto precisazioni ma è stato inutile».

D’altronde si sa, non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire e i carteggi raccontano il tentativo del Preside di risolvere la questione senza alzare i toni. «Il professore ha sbagliato – dice Claudio Beccari, Garante per gli studenti – ma non credo l’abbia discriminata perché lavoratrice. Piuttosto, essendo un esterno che arriva da Giurisprudenza, non conosce le dinamiche del nostro ateneo, che prevedono una bibliografia chiara e a disposizione degli studenti». Incalzato, Beccari va oltre: «È certo che la ragazza è stata danneggiata. Se il professore continua a rifiutarsi e se il preside riterrà che non è più in grado di soddisfare la qualità della didattica, si farà in modo che non gli venga rinnovato il contratto».

Interpellato, il professore non risponde. Così come il Politecnico, che preferisce non prendere le parti di nessuno prima che l’orale sia concluso. E intanto Eleonora aspetta che qualcuno le stacchi il pesce d’aprile dalla schiena.

da la Stampa.it

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