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Decurtazioni e super-controlli: penalizzati i malati “una tantum”

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Decurtazioni e super-controlli: penalizzati i malati “una tantum”

di Alessandro Giuliani

La “stretta” contenuta sempre nel decreto legge n. 112. Queste le novità: si paga solo lo stipendio base per la malattia che duri meno di 10 giorni; dopo la prima volta accettati certificati solo da medici pubblici; visite fiscali estese da 4 ad 11 ore al giorno ed i risparmi non rimangono a scuola. Quest’ultimo punto fa infuriare i sindacati: è materia di contrattazione.

Rischia di diventare uno dei decreti legge più importanti degli ultimi anni, almeno per il mondo della scuola, quello approvato nei giorni scorsi dal Consiglio dei Ministri. Il dl n. 112 oltre ai 130.000 posti da annullare in quattro anni, attraverso una serie di disposizioni che stravolgeranno le modalità di determinazione degli organici, introduce infatti importanti novità anche nelle situazioni di malattia del personale. Novità che si traducono, è il caso di dire, in restrizioni e penalizzazioni non indifferenti. Soprattutto per chi dovesse ammalarsi con una certa frequenza.
L’articolo 71 del provvedimento pubblicato in Gazzetta ufficiale lo scorso 25 giugno prevede infatti che a tutti i dipendenti pubblici, quindi anche a quelli della scuola, si assegni solo stipendio base (“con esclusione di ogni indennità o emolumento, comunque denominati, aventi carattere fisso e continuativo, nonché di ogni altro trattamento accessorio“) in tutte le occasioni in cui la malattia sia stata prescritta per meno di 10 giorni consecutivi. Ciò significa che una percentuale della paga riguardante la giornata lavorativa verrebbe così decurtata: una norma che fa tornare alla mente quella adottata a metà degli anni Novanta per i dipendenti pubblici che si assentavano il lunedì (giorno in cui abbondano le malattie), salvo poi essere annullata nel giro di pochi mesi.
Vi sono novità in vista anche per chi sottoscrive i certificati: gli uffici del personale non saranno più autorizzati ad accettare, tranne che per la prima volta nell’anno, certificazioni prodotte da medici e strutture ospedaliere private. La norma introdotta con l’art. 71 specifica, infatti, che i dipendenti che si assenteranno “per malattia protratta per un periodo superiore a dieci giorni, e, in ogni caso, dopo il secondo evento di malattia nell’anno solare l’assenza viene giustificata esclusivamente mediante presentazione di certificazione medica rilasciata da struttura sanitaria pubblica“.
Le restrizioni riguarderanno anche la fascia di reperibilità che si estenderà quasi di tre volte rispetto all’attuale: da quattro ore complessive al giorno (10-12 e 17-19) si estende a ben 11 ore: “Dalle 8 alle 13 e dalle 14 alle 20“. Il medico fiscale potrà essere inviato dal dirigente “anche nel caso di assenza di un solo giorno”: soluzione che sino ad oggi è stata adottata solo in casi eccezionali.

Rimane tutto come ora invece, senza subire alcuna decurtazione, nel caso di alcuni tipi di malattie: si tratta di tutte quelle collegate “ad infortunio sul lavoro o a causa di servizio, oppure a ricovero ospedaliero o a day hospital, nonché per le assenze relative a patologie gravi che richiedano terapie salvavita“.

Ma le “tegole” per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche non finiscono qui: il dl 112 prevede, infatti, anche che i soldi derivanti da queste nuove procedure non andranno a coprire i fabbisogni della stessa amministrazione, né ad incentivare il personale in servizio impegnato in attività e funzioni cosiddette extra-curricolari. Il decreto legge, sempre all’art. 71, specifica che “costituiscono economie di bilancio per le amministrazioni dello Stato e concorrono per gli enti diversi dalle amministrazioni statali al miglioramento dei saldi di bilancio. Tali somme non possono essere utilizzate per incrementare i fondi per la contrattazione integrativa“.
Soluzione che troverà l’unica eccezione nelle “assenze per congedo di maternità, compresa l’interdizione anticipata dal lavoro, e per congedo di paternità, le assenze dovute alla fruizione di permessi per lutto, per citazione a testimoniare e per l’espletamento delle funzioni di giudice popolare“. Come rimarrà tutto invariato per i “dipendenti portatori di handicap grave“.
Su quest’ultimo punto è stata immediata la risposta dei sindacati, secondo i quali il decreto legge andrebbe ad “invadere” un settore da discutere durante i tavoli contrattuali. Se la Flc-Cgil parla di “norme, oggetto tipico della contrattazione”, e per la Uil Scuola “l’intervento rischia di non considerare le specificità retributive“, è decisamente aspra la reazione dello Snals-Confsal: “è del tutto inaccettabile – sostiene il segretario Marco Paoli Nigi – che i fondi derivanti dalla decurtazione dello stipendio per le malattie fino a 10 giorni non possono essere utilizzati dalla contrattazione integrativa. I risparmi per le amministrazioni sono fatti passare come economie di bilancio, mentre è una vera sottrazione al monte salari dei lavoratori. Tra l’altro – continua Nigi – il decreto legge interviene su materie proprie della contrattazione, ma blinda le norme con una nota di salvaguardia: espressamente è detto che non sono derogabili dalla contrattazione collettiva“.
Qualche perplessità sindacale c’è anche “sulla obbligatorietà della struttura sanitaria pubblica, perché – specifica Di Menna – è dubbia la effettiva praticabilità ed utilità della novità, con qualche complicazione burocratica“. Come anche sui controlli medici più serrati: “Nessuno difende i falsi malati – dicono dalla Cgil -ma se il clima è la caccia al dipendente pubblico, anche misure non pregiudizialmente negative diventano ideologiche e sospette

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