Gli aumenti degli stipendi dei prof?
Non prima di due anni. di Alessandro Giuliani, La Tecnica della Scuola, 1.7.2008.
Lo ha detto Mariastella Gelmini al termine dell’audizione alla Camera: l’impegno è di utilizzare quel 30% sulla premialità ed è un segnale di partenza. Il Ministro ha anche speso parole di assenso a favore del grembiule: è un fatto di ordine ma anche di uguaglianza sociale tra ragazzi. Proteste dalla Federconsumatori: si preoccupi piuttosto della manovra economica.
Per vedere in busta paga gli aumenti degli stipendi degli insegnanti più meritevoli bisognerà aspettare che si concretizzino i risparmi derivanti dal decreto legge n.112 sui tagli all’istruzione: è questo il senso della risposta data il 1 luglio ai cronisti dal Ministro dell’istruzione, università e ricerca, Mariastella Gelmini, al termine dell’audizione alla Camera.
“L’impegno – ha detto Gelmini – è di utilizzare quel 30% sulla premialità ed è un segnale di partenza. È chiaro che il percorso per adeguare gli stipendi non si ottiene con un anno e nemmeno due. Però è un percorso che viene avviato. Innescando il merito, qualche segnale positivo ne potrà derivare. Poi naturalmente serviranno altri provvedimenti sui quali stiamo ragionando”. Il Ministro ha anche difeso la necessità di applicare i 130.000 tagli in quattro anni sottolineando che “la situazione economica che ereditiamo non è nè di destra nè di sinistra”.
Rimarranno così delusi quegli insegnanti che si aspettavano un adeguamento dello stipendio immediato al cambio di Governo, per avvicinarsi a quelli dei colleghi europei. Ed anche i sindacati, che da tempo rivendicano invano gli aumenti. Oggi lo stipendio medio di un insegnante italiano è ancora di 1.300 euro: il più basso in Europa dopo quello dei colleghi greci.
“Questo avviene perché in Italia – spiega Massimo Di Menna. segretario Uil Scuola – si spende poco per l’Istruzione: il 4,8% in rapporto al Pil, mentre la media Ocse è del 6,1%. A ciò si aggiunge come riportato dall’Istat, che l’incidenza della spesa per l’istruzione sulla spesa pubblica totale si è ridotta, in sedici anni dal 10,3% del 1990 al 9,7% del 2005. Livello che tradotto in denaro, corrisponde a 4,2 miliardi di euro all’anno che – conclude il sindacalista – avrebbero potuto essere destinati all’istruzione”.
Durante l’audizione alla Camere il Ministro ha avuto anche modo, rispondendo alla parlamentare del Pdl Gabriella Giammanco, ex giornalista del Tg4 ed oggi componente della commissione cultura alla Camera, di spendere parole di assenso a favore del grembiule nella scuola primaria: “E’ un fatto di ordine ma anche di uguaglianza sociale tra ragazzi, soprattutto ora che va tanto di moda l’abbigliamento firmato giàin giovanissima età”, ha risposto il responsabile del Miur.
L’ipotesi di rendere obbligatorio il grembiule sarebbe una novità assoluta per il nostro Paese: in Italia, infatti, non vi è mai stato l’obbligo di indossare il grembiule. Nemmeno a seguito della costituzione della scuola pubblica. Nel corso degli ultimi anni, tuttavia, da viale Trastevere sono stati inviati ai responsabili degli istituti delle indicazioni sempre più “rigide” per far rispettare il decoro e sanzionare adeguatamente gli studenti che, soprattutto alle superiori, siano incuranti di certe regole estetiche non scritte.
Durante l’audizione, il ministro ha aggiunto che quella del grembiule è una proposta “da prendere in considerazione. Dare pari condizioni di partenza può essere una proposta interessante ed è curioso – ha continuato Gelmini riferendosi proprio alla Giammanco – che venga da una delle più giovani parlamentari”.
Una proposta che non è piaciuta alla Federconsumatori: “Invece di proporre il ritorno del grembiule e quindi di interessarsi all’abbigliamento degli alunni, all’ordine e all’uguaglianza, dovrebbe occuparsi, ma soprattutto preoccuparsi, della situazione in cui si troveranno le famiglie e la scuola pubblica con la nuova manovra economica sulla scuola: se l’uguaglianza è la parola d’ordine del ministro – conclude Federconsumatori – le ricordiamo che l’istruzione è un diritto fondamentale e universale e il nostro ruolo sarà quello di denunciare in ogni sede le conseguenze negative che subiranno le famiglie italiane”. : “Invece di proporre il ritorno del grembiule e quindi di interessarsi all’abbigliamento degli alunni, all’ordine e all’uguaglianza, dovrebbe occuparsi, ma soprattutto preoccuparsi, della situazione in cui si troveranno le famiglie e la scuola pubblica con la nuova manovra economica sulla scuola: se l’uguaglianza è la parola d’ordine del ministro – conclude Federconsumatori – le ricordiamo che l’istruzione è un diritto fondamentale e universale e il nostro ruolo sarà quello di denunciare in ogni sede le conseguenze negative che subiranno le famiglie italiane”.