ROMA. 26.06.2008. Diminuire i costi della scuola. Come? Riducendo gli organici in maniera «pesante»cercando di recuperare efficienza. Tenendo conto che ci sono delle immissioni in ruolo da fare, e che le Siss (le scuole di specializzazione per l’insegnamento) ripartiranno nelle università anche il prossimo anno. Aumentando così il numero di precari nella scuola.
Il ministro dell’Istruzione, Maria Stella Gelmini, quantifica tagli e obiettivi per quanto riguarda il settore dell’istruzione. I numeri parlano da soli: nella prossima Finanziaria, il Dpef prevede tagli di 70 mila cattedre e 40 mila posti di personale Ata (amministrativo, tecnico, ausiliario).
Tagli che si aggiungono ai 47 mila già previsti dalla manovra del governo Prodi. «La scuola – dice il ministro – è prima di tutto un servizio, di cui dobbiamo abituarci a contenere i costi». E, da questi tagli, si conta un risparmio di circa 3,2 miliardi di euro per il periodo che va dal 2009 al 2011. Così ripartiti: 456 milioni nel 2009, 1650 milioni per il 2010, 2538 da raggiungere nel 2011 e 3188 milioni a decorrere dal 2011. Cifre da sommare ai risparmi previsti nella Finanziaria del 2007. Complessivamente: 4,6 miliardi.
Il ministro si augura che «ci possa essere, da parte di tutto il Parlamento, opposizione compresa, dei sindacati e dei protagonisti dell’istruzione, una presa di coscienza molto schietta e realistica sulla fotografia di cosa c’è e cosa bisogna da fare». Insomma, difendere le risorse, ma anche impiegare meglio quelle che ci sono. Il ministro ribadisce anche la volontà di adeguare gli stipendi degli insegnanti italiani.
«La questione – spiega – non è solo economica, perché gli insegnanti, oltre a non avere retribuzioni adeguate, incontrano molte difficoltà anche nel rapporto con gli studenti e dal punto di vista sociale. Ritengo che occorra restituire dignità all’insegnamento: il ruolo dell’insegnante è molto importante». Per riuscire a farlo, si prevede una quota del 30 per cento delle economie di spesa prodotte dalla manovra destinata a incrementare le risorse contrattuali che sono state stanziate per valorizzare il personale della scuola a partire dal 2010. E poi la riduzione delle ore di insegnamento. Nel piano del ministro, anche il ripristino del maestro unico alle elementari.
I sindacati sono pronti a dare battaglia: se il piano previsto dal Dpef – osservano – dovesse andare in porto, il sistema nazionale dell’istruzione si troverebbe con il 20 per cento dell’intera forza lavoro in meno. Giuseppe Mascolo, segretario di Ugl Scuola, dichiara che il miglioramento qualitativo della scuola e della professionalità dei docenti «mal si concilia con i tagli previsti dalla Finanziaria». Perché, spiega, prima di effettuare ulteriori tagli, il ministro deve «prevedere nuovi sistemi di reclutamento ». Maria Stella Gelmini dice di avere le stesse intenzioni per quanto riguarda il reclutamento, che deve «cambiare ». Le assunzioni previste comunque si faranno: il ministro numeri non ne vuole fare, ma entreranno in ruolo circa 25 mila insegnanti e 7 mila Ata. I Cobas attaccano «questa fallimentare scuola-azienda che sarà comunque una scuola della miseria: proseguendo nella folle strategia di sottrazione di risorse alla scuola pubblica, ma proponendo un salto di qualità senza precedenti in tale processo distruttivo».
E, di fronte alla «dichiarazione di guerra globale alla scuola», i Cobas agitano lo spettro della risposta «con iniziative all’altezza dell’attacco». E sul piede di guerra è anche l’Unione degli Studenti. «Ci spaventa – afferma l’Uds – quanto emerge dalle indiscrezioni sul nuovo decreto fiscale: la consistenza della manovra assume quasi le proporzioni di una Finanziaria che per scuola, università e ricerca si muove su due parole d’ordine: tagli e razionalizzazioni indiscriminate». E attacca: «La scuola pubblica non può più pagare l’incapacità dei governi di gestire le risorse.
Per questo, sin da subito gli studenti sono pronti a dare battaglia all’attuale governo se dovessero essere confermate in via definitiva e ufficiale le misure previste nella bozza del decreto fiscale». Il ministro Gelmini è però convinta della bontà della scelta. «Le scelte drastiche sono ineludibili », dice, e sottolinea poi: «Consideriamo che in Italia abbiamo 200 mila docenti in più della Germania che ha 20 milioni di abitanti in più. E il personale Ata è il più numeroso d’Europa».
ANDREA GAGLIARDUCCI (da www.lasicilia.it)
TAGLI, SI ALLARGA LA PROTESTA
ROMA. 25.06.2008. Motore per lo Sviluppo economico del Paese, ma saccheggiata a mani basse per fare cassa. La scuola è una nota dolente della ipotizzata manovra economica e opposizione e sindacati non ci stanno.
Nei giorni scorsi le organizzazioni sindacali del settore, a più riprese, hanno stigmatizzato la politica dei tagli (oltre 8 miliardi di tagli, compresi quelli contabilizzati per il 2012, con una riduzione di oltre 100 mila insegnanti e di oltre 43 mila lavoratori Ata) e ieri sono insorte le forze di opposizione.
Di «autentico colpo di mano » parla la capogruppo del Pd in commissione Cultura della Camera, Manuela Ghizzoni. Il sistema scolastico italiano «rischia – dice – una vera e propria stangata con un taglio di 70.000 cattedre e 40.000 ausiliari, tecnici e amministrativi, l’aumento di un punto percentuale del rapporto alunni-docenti, la modifica dei programmi, la riduzione delle ore di lezione alle superiori, la riduzione del tempo pieno, la riduzione del sostegno all’handicap e dell’educazione degli adulti. Un vero e proprio colpo di mano sul sistema scolastico finalizzato non alla sua modernizzazione ma esclusivamente a fare cassa.
E lo dimostra – aggiunge Ghizzoni – l’istituzione di un “comitato di verifica tecnico-finanziaria” che dovrà vigilare sul ministro Gelmini affinché attui quanto previsto dal decreto». Per Piergiorgio Bergonzi, responsabile Scuola del Pdci, tagli del genere «comportano la fine della scuola pubblica italiana, che verrebbe obbligata a imboccare la strada della privatizzazione programmaticamente perseguita dalla destra italiana». Bergonzi ricorda quindi che «i tagli intervengono in un settore, la scuola, nel quale l’Italia spende una percentuale del pil nettamente inferiore a quella di tutti gli altri paesi europei».
Si lamentano anche gli insegnanti precari che, in una lettera, chiedono al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, di aiutarli a «restare in vita » perché alla scuola italiana «è stato inflitto un attacco, diretto e mortale». «Non è in classi sovraffollate, a rischio sicurezza, che i ragazzi – osservano gli insegnanti precari nella lettera – potranno divenire cittadini migliori di questa Nazione e dell’Europa».
E protesta pure, in maniera accorata, la mamma di un insegnante disabile che in una lettera al ministro Gelmini si chiede se sia mai possibile che i numeri siano più importanti delle persone. «Possibile – scrive – che la scuola debba essere smantellata, e sulle macerie di essa costruita un’impresa dove il denaro detta le regole del funzionamento. Ma lei si rende conto di cosa significa fare classi con 30/35 e forse 40 persone? Significa far scoppiare il sistema scolastico, ridurlo a un cumulo di macerie».
Eppure – come ha ribadito ieri la presidente della commissione Cultura della Camera, Valentina Aprea – «la conoscenza è una risorsa strategica per lo sviluppo economico, la coesione sociale e l’educazione permanente del Paese».
R. I. (da www.lasicilia.it)