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Precari per concorso: il nuovo sistema di reclutamento

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Se il nuovo sistema di reclutamento dei docenti dovesse diventare quello adombrato nel “Quaderno bianco” del Ministro Fioroni,nei prossimi anni l’Italia si troverò a fronteggiare lo stesso problema che affligge molti paesi occidentali, ovvero quello della carenza di insegnanti. Non solo meno aspiranti insegnanti, ma anche insegnanti meno preparati.

Il “Quaderno bianco” infatti prospetta un percorso tortuoso, selettivo a monte, in mezzo e a valle, con una preoccupante diluizione dell’acquisizione delle competenze disciplinari.

Ma vediamo cosa bisognerà fare in futuro per diventare insegnante.

Innanzi tutto sarà necessario conseguire una laurea breve, requisito indispensabile per l’accesso al percorso di formazione successivo. Quindi un  “corso di specializzazione per la formazione alla professione docente, gestito dalle Università in stretta collaborazione con le scuole, nel quale avrebbe un peso gradualmente crescente (con la progressione del corso) il tirocinio nelle scuole stesse, con il supporto di insegnanti esperti. Alla prova di ammissione sarebbero ammessi soggetti provvisti di laurea, essendo questo un percorso alternativo a quello della laurea specialistica, secondo classi concorsuali da definire in modo appropriato per gruppi disciplinari ampi e poco segmentati. Il numero di ammessi sarebbe dimensionato periodicamente con riferimento a previsioni di fabbisogno e di turn-over e ad una stima della quota di soggetti che non superano o si ritirano dal successivo processo”.  In pratica presumibili test per l’accesso ad un percorso finalizzato esclusivamente all’insegnamento.

Dopo il corso di specializzazione ed il conseguimento dell’abilitazione, ecco il concorso pubblico, dimensionato sul fabbisogno, ai cui vincitori “potrebbe essere offerto un contratto di lavoro a tempo determinato, remunerato”.

Riassumendo: dopo la laurea breve e un percorso finalizzato e il conseguimento dell’abilitazione, udite, udite, sarebbe necessario superare un concorso per ottenere un contratto di lavoro a tempo determinato, ovvero per diventare “precari” della scuola. Ma i malcapitati insegnanti di domani non si devono dolere troppo, perché cominceranno sì da precari, però saranno anche “remunerati”.

Solo dopo “un periodo prestabilito e sulla base di una valutazione (di cui andrebbero attentamente definite le modalità) relativa anche alla capacità didattica, verrebbe offerto ai docenti selezionati un contratto a tempo indeterminato”.

Ricapitolando: due test di ingresso per la laurea breve e per il percorso di formazione, un esame di laurea, un esame di abilitazione, un pubblico concorso, un periodo indeterminato di precariato, la valutazione finale di Dirigente scolastico e docenti cosiddetti esperti, per poter diventare finalmente insegnanti “di ruolo”, con una gratificante retribuzione che nella migliore delle ipotesi raggiungerà a stento i 1.300 euro al mese.

Quanti saranno i martiri disponibili a sottoporsi a quella che si prefigura come una vera e propria corsa ad ostacoli dagli esiti incerti? Non sarà più facile, conveniente e gratificante per i nostri giovani puntare su un master al MIT o alla Berkeley?

Ma c’è un altro aspetto preoccupante in quanto prospettato dal “quaderno bianco”, dove si parla di corso di specializzazione articolato “su classi concorsuali da definire in modo appropriato per gruppi disciplinari ampi e poco segmentati”. Attualmente le classi di concorso sono accessibili ai possessori di lauree mediamente affini alle classi stesse, ovvero un laureato in matematica può insegnare matematica, un laureato in fisica, fisica, un laureato in legge, diritto, eccetera. La maturazione di competenze su “classi disciplinari ampie”, comporterà presumibilmente l’istituzione di un’area “umanistica”, che formerà i futuri insegnanti di lettere, storia, greco e latino o di un’area “scientifica”, che formerà i futuri insegnanti di fisica, chimica, matematica, biologia, scienza della terra eccetera, con competenze disciplinari che è facile prevedere diluite in maniera preoccupante. Forse il corso di specializzazione potrebbe riguardare solo gli aspetti didattico-metodologici, confidando nelle già acquisite competenze disciplinari con laurea breve, ovvero in tre anni, al posto dei quattro/cinque oggi necessari. Ma in entrambi i casi il risultato sarebbe quello di avere insegnanti magari bravi sul piano metodologico, ma con competenze disciplinari di gran lunga inferiori rispetto a quelle possedute dagli insegnanti attuali. 

professioneinsegnante.it – Milano 08-10-2007

 

Quaderno bianco: il nuovo sistema di reclutamento

– Laurea breve (3 anni) con eventuale test di ammissione.

– Esame per il conseguimento della laurea.

– Test di ammissione al percorso di formazione universitario finalizzato all’insegnamento.

– Percorso di formazione universitario finalizzato all’insegnamento, con tirocinio nelle scuole (2 anni?), alternativo alla laurea specialistica.

– Conseguimento dell’abilitazione all’insegnamento.

– Concorso pubblico dimensionato sul fabbisogno prevedibile di docenti e per i vincitori, contratto a tempo determinato.

Dopo un periodo prestabilito (1 anno?), valutazione ed eventuale contratto a tempo indeterminato.

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